Sono le 23 di un venerdì sera piovoso al Demodè di Modugno (BA). Il clima è perfetto per il “Teatro degli Orrori” (nomen omen).
Il pubblico è impaziente, chiama a gran voce il gruppo che si fa attendere. La scenografia è piuttosto scarna, con il solo logo della band sullo sfondo. Le luci in sala si spengono e un Pierpaolo Capovilla scatenato si avvicina al microfono. Parte Disinteressati e Indifferenti, prima canzone dell’ultimo e omonimo album della band. Un pieno di energia che scatena il pubblico… restare fermi è impossibile.
L’album viene suonato per intero, senza neanche una piccola interruzione. Il tempo passa in fretta e scorrono brani come La Paura e Lavorare Stanca, tra i più diretti e coinvolgenti, che dipingono l’attualità come un pugno nello stomaco. Ma non è ancora arrivato il tempo dei discorsi: la batteria martellante e le distorsioni tipiche della band fanno in modo che le canzoni siano legate l’una all’altra, come se fossero un’unica traccia.
Il sound è diverso rispetto ai primi anni. Il gruppo è maturato e si avvicina sempre più al noise, genere che riesce ad esprimere con maggiore intensità la rabbia e la disperazione che le canzoni vogliono trasmettere.
La prima pausa avviene con la canzone che conclude l’album, Slint. Capovilla fa un discorso sul T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio) che prevede che una persona sia sottoposta a cure psichiatriche contro la sua volontà, sostenendo come il Teatro degli Orrori sia assolutamente contrario a questa pratica.
È giunto quindi il momento del bis, in cui vengono riproposti i grandi successi della band. Si comincia con la rivisitazione in chiave rock de All’amato me stesso di Majakovskij, per passare a Io cerco te e Compagna Teresa. Al contrario della prima parte del concerto, qui le pause si allungano e alcuni brani ricevono una breve presentazione.
Si arriva all’ultimo pezzo, La Canzone di Tom. La partenza sembra quasi una ballata, ma il tutto si conclude con una jam scatenata, con i componenti del gruppo riuniti intorno alla batteria che scatenano un ritmo forsennato.
Un ritorno estremamente positivo quello del Teatro degli Orrori, che porta in tour un album che sembra fatto apposta per essere suonato dal vivo.
Una rumorosa e violenta poesia portata sul palco con il recitativo-cantato di Pierpaolo Capovilla. Una band che fa dialogare in modo armonioso e allo stesso tempo duro gli strumenti, un gioco di luci che sottolinea le atmosfere cupe e strazianti.
Un grande concerto che non può lasciare di certo indifferente il pubblico, galvanizzato dai ritmi sostenuti e che allo stesso tempo ha modo di riflettere sulle contraddizioni sociali che caratterizzano la nostra società, per ricordare il ruolo importantissimo che la musica può ricoprire per tutti i cittadini partecipi e non ancora anestetizzati dal sistema.
MARCO ROSSOMANNO