Questo mese il Pilastro di cui ci occupiamo è un romanzo che ha segnato indelebilmente il mondo della letteratura nel primo ‘900, rappresentando un esempio di scrittura monumentale e avvincente, nonché una sorta di trattato sulla società tedesca, e anche europea in generale, dell’epoca. Parliamo de La Montagna Incantata di Thomas Mann, pubblicato nel 1924 e assurto ben presto a capolavoro indiscusso.
Il protagonista dell’opera è Hans Castrop e l’ambientazione è quella che precede la Prima Guerra Mondiale. Le vicende prendono luogo all’interno di un sanatorio di Davos, in Svizzera, nel quale Castrop si reca per fare visita al cugino malato di tubercolosi. Sarà in questo luogo che trascorrerà i successivi sette anni della sua vita, perché anch’egli malato della stessa malattia.
Qui l’uomo ha modo di conoscere diversi personaggi che avranno molta influenza sulle sue idee e sulla sua personalità e che diventano emblema di modi di pensare e correnti filosofiche dell’epoca. Tra questi ci sono l’enciclopedista Settembrini che porta con sé le caratteristiche della massoneria e dell’umanesimo; il gesuita Naphta, che invece rappresenta il cinismo e il radicalismo, di contrapposizione all’italiano succitato con cui spesso ha cocenti diverbi; il cugino stesso che, nonostante la malattia, decide di partire per arruolarsi, salvo poi tornare nel sanatorio per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute e l’edonista Peeperkorn, marito di una donna, Madame Cauchat, di cui Castrop si innamora, nutrendo però profonda ammirazione per l’uomo che lo affascina enormemente per la sua prorompente personalità.
Se il primo anno di degenza nel sanatorio viene scansionato in maniera minuziosa dal protagonista che analizza nei minimi dettagli tutte le situazioni e le persone con le quali entra in contatto, i successivi sei sono condensati nella seconda parte del romanzo, fino a quando non si arriva ad un exploit finale, rappresentato da un vero e proprio duello tra Settembrini e Nahpta e dalla partenza di Castrop che si avvia a partecipare come arruolato nell’esercito alla Prima Guerra Mondiale (metafora della fine di un’epoca e dell’inizio di una “nuova storia”).
Una lettura non semplice, che però coinvolge enormemente per i temi trattati e per l’approfondimento psicologico del protagonista e di tutti i personaggi che gli ruotano attorno, La Montagna Incantata, restituisce con grande realismo gli anni raccontati, ma al tempo stesso metaforizza con grande profondità le varie filosofie dell’epoca.
Tra i più grandi romanzi di formazione mai partoriti, porta il lettore, insieme, al protagonista ad una crescita culturale e personale non indifferente, con un livello di immedesimazione nel personaggio raramente raggiunto tanto prima quanto dopo questo capolavoro.
ALESSANDRA CAVISI