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Rossano Baronciani fa riflettere su “La società pornografica” in cui viviamo

baroncianilasocietapornograficacopertinaEssere o apparire? Eterno interrogativo che accompagna e supera il quesito posto negli anni ‘70 da Erich Fromm sull’importanza del possesso o dell’essere  (Avere o essere?).

Rossano Baronciani, docente di Etica della comunicazione e Cultura del progetto all’Accademia di Belle Arti di Urbino, nel saggio La Società Pornografica – Lo sguardo dall’illusione all’osceno, edito da Effequ nella collana Saggi Pop, si interroga sulla costante ascesa dell’apparenza nella nostra società analizzando film, articoli di giornale, social media e partendo da citazioni colte.

L’autore si sofferma sul film breve di Pasolini, Che cosa sono le nuvole (1967), ultima apparizione cinematografica di Totò che interpreta Jago. Il giovane Otello (Ninetto Davoli), stupito dalla cattiveria del consigliere che credeva fidato e buono, non riesce a discernere tra quello che si è e quello si crede o che la gente crede si possa essere. Parafrasando Shakespeare e Calderon De Labarca, Totò-Jago risponde amaramente che la vita è un sogno e quindi il filo invisibile che lega la realtà all’apparenza è spesso davvero difficile da discernere. Quando le marionette vengono gettate in discarica dal netturbino e osservano le nuvole che tagliano l’azzurro cielo cercano di guardare oltre, verso il mistero insolubile che non si riesce a svelare.

Apparenza, realtà, la stessa che vuole mostrare il pittore Velasquez nel suo quadro Las meninas. Le dame di compagnia della giovane infanta sono in primo piano ma l’osservatore è distratto da quella tenda che si apre sullo sfondo adombrato dallo stesso pittore: svelamento, rivelazione o tentativo di celare un mistero? Cosa vediamo? Lo specchio è rivelatore o finge, nasconde, cela? Cosa guarda Alice attraverso lo specchio? Perché la regina cattiva è magicamente avvinta da quello che lo specchio fatato le rivela? È reale la sua bellezza? “Amare senza conoscere il volto dell’amato”, fa dire Martone al suo Leopardi ne Il giovane favoloso. Amare senza vedere significa quindi non cercare l’apparenza ma solo l’essenza di chi si ama, e non a caso quando Psiche cerca di vedere in volto Amore, l’amore svanisce perché l’apparenza e l’essenza si annullano.

La bella addormentata suscita amore solo perché di essa si nota la sua placida e muta indolenza, metafora, secondo Bettelheim, della fanciulla che prima d’esser portata dall’infanzia alla vita fertile con il menarca, sembra assopita come la larva imbozzolata in attesa di diventare farfalla.

Quando in una storia entra in gioco l’essere, le parole e le narrazioni sono inutili. Così Omero racconta puntigliosamente i tre anni di peripezie di Ulisse nel suo viaggio verso Itaca ed è invece fugace sui sette anni di permanenza di Odisseo nell’isola della bella ninfa Calipso.

Amare senza vedere è ciò che accade alla giovane non vedente di Luci della città, magnifico film di Chaplin. Il vagabondo ama la fioraia cieca e fa di tutto per farla operare e farle riavere la vista ma quando questa lo incontra e lo vede allo spettatore non è dato a sapere se questo apparire dell’amato si potrà trasformare nell’essenza dell’amore. A chi guarda dal grande schermo la libertà di scegliere se ci possa essere o meno un lieto fine e quindi la dissolvenza e il buio chiudono la scena finale del film.

La seconda parte del saggio si sofferma sui tempi di oggi, sulla sfrenata tendenza al catturare qualsiasi immagine persino il selfie con il cadavere, sfrenato narcisismo e paura al tempo stesso di cadere nell’oblio, imperativo categorico dei digital natives di ogni latitudine, solitari bambini viziati alle prese con i loro fantasmi. Eppure la condivisione offerta dai vari social non è essenza ma mera apparenza. Nella scelta di condividere solo i momenti che si è scelto di offrire in pasto alla platea degli internauti in una apparente libertà, ognuno è quello che sceglie di essere, ognuno appare quindi e non è in realtà.
Le conversazioni realmente costruttive sono assai rare nei social perché ognuno mira all’ottenimento del maggior numero di conferme (likes) e quindi si cerca di stupire più che mirare ad una autentica dichiarazione di intenti.

Perché la nostra è una società pornografica? Non perché essa sia oscena, malgrado il termine “pornografia” – come spiega Baronciani – derivi da porne (prostituta) e graphia (scrittura). La nostra è una società pornografica piuttosto perché tende a mostrare ciò che si vuole far vedere e a nascondere pedissequamente quello che invece non va mostrato, manipolando e mantenendo un certo potere.
Lo stesso potere manipolatore che focalizza Pasolini nel suo ultimo e discusso film Salò e le 120 giornate di Sodoma, dove i ragazzi e le ragazze tenuti prigionieri e sottoposti a ogni serie di umiliazione sessuale o perversa, foss’anche il nutrirsi di feci, metaforicamente indica la forza malefica della perversione del potere. E la coprofagia è una lucida metafora della manipolazione dei media che spingono inconsapevoli consumatori a spendere e a nutrirsi dissennatamente guidati dalle sirene dei media.

Infine, anche le cosiddette “pubblicità progresso”, che vogliono portare lo spettatore a farsi domande o a riflettere, diventano “pornografiche” nel loro indulgere su bambini denutriti o ammalati allo scopo di suscitare pietà o vergogna in chi le guarda, al fine di indurre la gente a più o meno cospicue donazioni.
Cristo guarì il cieco perché allegoricamente cecità significa non incapacità ma non volontà e dunque cieco è chi non vuole vedere.

Ultima ma non nuova pornografia è l’indulgere ritrovato sul cibo, il cosiddetto food porn che riporta agli ‘70 e a quella Grande abbuffata di Ferreri che si conclude con la morte per ingozzamento dei protagonisti, spesso paragonabile alle mode dei moderni social o di migliaia di blogger che postano foto del cibo che stanno per mangiare, come per suscitare godimento e invidia, e sono dunque un ulteriore tassello della corsa verso l’apparenza della società attuale.

Un libro che decisamente offre molti spunti per riflettere su qualcosa che coinvolge tutti, direttamente o indirettamente, e che bisognerebbe comprendere meglio per farne un uso consapevole.

Qui la scheda del libro: http://www.effequ.it/2016/09/08/la-societa-pornografica/

FRANCESCA BARILE

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