1.Parliamo dei tuoi esordi: come ti sei avvicinata al mondo della fotografia?
Ho fatto lʼAccademia di Belle Arti a Bologna, Pittura. Ma già dal primo anno, seguendo corsi di fotografia e grafica, me ne sono innamorata. Al secondo anno sono diventata assistente del docente di Fotografia e sono entrata in camera oscura. Quando ho finito la Triennale mi sono iscritta al Biennio Specialistico di Fotografia decidendo in quel momento che non sarebbe stata più solo una passione, ma il mio lavoro.
Durante il Biennio ero tutor di due aule, la sala posa e la camera oscura. Che dire, in camera oscura ci ho passato più tempo che a casa: ho seguito ed aperto lʼaula ai ragazzi che si iscrivevano per la prima volta a quel corso, mi sono innamorata così anche dell’insegnamento. Ho sperimentato, sbagliato, creato, distrutto; ho capito lʼessenza vera della fotografia; ho imparato a conoscere il mezzo a 360°, perché la fotografia analogica serve anche a questo e ti permette di usare meglio le nuove tecnologie.
2.Fotografare per rappresentare o capire la realtà: quale messaggio comunichi attraverso i tuoi scatti?
Avendo una certa propensione per lʼarte, ma essendo la fotografia il mio lavoro, tendo a seguire diverse strade. È vero che scatto continuamente foto, ho lʼabitudine di catturare istanti, non voglio mai dimenticare quello che vedo e che mi stupisce, ma tendenzialmente i miei lavori, quelli veri, sono frutto di progetti pensati e poi composti su misura. Tendo a lavorare sulla serie e non sullʼimmagine singola. Quindi, tornando alla domanda, non rappresento la realtà nei miei lavori: la reinterpreto e restituisco quello che voglio che si percepisca. I temi che affronto sono vari, con una propensione all’esistenzialismo, allʼambiente, allʼuomo distruttore, da cui non riesco a staccarmi sin dagli anni della pittura.
3.Quali soggetti ti interessano o attraggono di più e perché?
Tendenzialmente i ritratti in posa. I paesaggi naturalistici, la fotografia di reportage, e la casualità sono scatti che solitamente tengo per me. Quando penso ad un progetto, la prima cosa che cerco è la persona che potrebbe incarnare quello che ho immaginato. Ma alla fine fotografo un poʼ di tutto, in base alle richieste.
4.Come si è evoluta la tua ricerca fotografica?
La fotografia, come immagine, come ricordo, come oggetto, è sempre stata la mia passione, sin da quando ero bambina. Non esiste evento o parente o amico che io non abbia fotografato. Poi quando mi sono iscritta allʼAccademia di Belle Arti di Bologna, ho capito che per me era più di una passione, era quello che volevo fare da grande, il mio lavoro, lʼunica cosa che immaginavo di fare.
Pian piano mi sono innamorata della fotografia analogica, la camera oscura era diventata la mia seconda casa e gli esperimenti una ricerca costante. Ma non si può vivere di fotografia analogica nel nostro secolo e quindi in contemporanea mi sono data al digitale, alla postproduzione, alla grafica… Insomma ho abbracciato lʼimmagine da ogni sua angolazione. Poi ho trovato la pace, lʼequilibrio: sono riuscita a fondere i due metodi, lʼantico ed il moderno, e così è nata anche la mia tesi. Partendo da scatti digitali, ho trasformato con la postproduzione i miei file in negativi che ho stampato su pellicola trasparente. Ho ottenuto in questo modo dei negativi da stampare a contatto in camera oscura. Sono riuscita ad avere il controllo di tutto il processo di creazione dellʼimmagine, senza perderne di vista la stampa, visto che la carta su cui ho stampato era stata scelta e sensibilizzata da me. Ora questa pratica, lunga e abbastanza complicata, resta uno dei miei cavalli di battaglia: mi affascina la possibilità di creare vere e proprie opere dʼarte non riproducibili in serie a differenza delle normali stampe.
Oltre la parte artistica però, resta sempre la mia passione per la fotografia di moda e pubblicitaria, che è quella con cui attualmente lavoro.
5.Quali sono i tuoi riferimenti: ti ispiri a qualche modello in particolare?
Beh, come ho già detto la fotografia pubblicitaria e di moda è quello su cui lavoro ed è quello che mi piace fare più di tutto; non nascondo che questa passione è nata studiando maestri quali Richard Avedon, Helmut Newton, Irving Penn, Edward Weston, David LaChapelle. Non mancano nella lista dei miei miti tutti quei fotografi che hanno trattato i grandi enigmi della fotografia analogica, sperimentatori accaniti del mezzo tra cui Man Ray, Wanda Wulz ed i mitici conterranei Nino Migliori e Mimmo Jodice che ho avuto la fortuna ed il piacere di intervistare per la mia tesi.
6.Cosa pensi della postproduzione?
La postproduzione è fondamentale, è essa stessa fotografia, uno scatto non postprodotto non è una fotografia. Ma postproduzione non è sinonimo di manipolazione delle immagini. Anche la fotografia analogica richiede postproduzione: il controllo del colore, del contrasto, della saturazione sono operazioni secolari, è solo cambiato il mezzo con cui si effettuano. Poi se qualcuno utilizza i programmi di postproduzione per manipolare lʼimmagine sino al punto di disintegrarne lʼessenza, questo qualcuno non è certo un fotografo professionista.
Correggere lʼimmagine finale o lavorarla in modo artistico è altro rispetto allʼappiccicare su di essa filtri su filtri cadendo nel trash più assoluto. La cosa triste è che ogni giorno ne inventano delle nuove per far divertire i dilettanti con le immagini, e questo sembra piacere alla massa. Su Instagram le foto sembrano scattate tutte dalla stessa persona, ci sarà quindi un nuovo modo di decifrare il bello… attendiamo lumi da qualche antropologo culturale…
7.Cosa pensi dei concorsi fotografici in Italia?
Possono essere una vetrina importante per artisti emergenti, possono anche avere ottimi premi. Tendenzialmente mi è stato insegnato di diffidare dai concorsi a pagamento, quindi non partecipo a molti concorsi. La verità è che lʼofferta è limitata, non ci sono molti concorsi fotografici, a differenza delle altri arti, in particolare pittura e grafica.
8.Hai partecipato a qualche concorso?
Ho partecipato a concorsi soprattutto durante gli anni universitari. Uno degli ultimi concorsi a cui ho partecipato è stato quello organizzato da MArteLive, associazione romana. Ho vinto le selezioni regionali con il progetto Vite in Scatola e sono andata, a Settembre, a rappresentare la Puglia nella Biennale di Roma. Poi non ho vinto io, ma è stata una bellissima esperienza, davvero un bel festival che consiglio a tutti di tener dʼocchio.
9.Cosa pensi dello spazio riservato in Italia alla cultura fotografica? Credi debba essere subordinata ad altri media comunicativi o pensi che possa avere un ruolo centrale nellʼinfluenzare gli orientamenti della multimedialità?
La fotografia basta a se stessa; può avere sicuramente un ruolo centrale nell’influenzare gli orientamenti della multimedialità. Basti pensare al fatto che è un mezzo in continua evoluzione ed al fatto che fare fotografia può voler dire tante cose. La cultura fotografica ha bisogno ancora di spinte, però devo dire che ormai la battaglia è stata vinta e lʼItalia accoglie ogni anno numerosi eventi di spessore legati ad essa.
10.Hai dei progetti futuri o dei temi particolari che vorresti esplorare?
Ho dei progetti futuri, ma questo periodo mi vede concentratissima sulla prossima apertura di uno studio fotografico a Trani, in Puglia; si chiamerà Camera Chiara. Ho deciso di “mettere radici” in questo mondo fantastico che è la fotografia ma soprattutto in questa fantastica terra che è la Puglia, la mia passione ed il mio lavoro finalmente saranno unʼunica cosa. Quindi per ora faccio lʼartigiana (sto creando io lʼarredamento dello studio con materiali di scarto), ma presto ho intenzione di partire con un nuovo progetto fotografico.
Nel frattempo ho ripreso in mano le opere stampate con procedimenti antichi e spero di riuscire ad organizzare presto una mostra su quel progetto.
Nel mio sito www.angelariondinoph.com, anche se ancora un po’ incompleto, è possibile vedere qualche mia opera e qualche progetto. Cʼè una parte di lavori digitali ed una parte di lavori legati alla fotografia analogica.
BENEDETTA CAMPANILE