Inauguriamo oggi una rubrica dedicata ai film non più presenti su grande schermo ma che, come il buon vino, più invecchiano e più si fanno apprezzare. Una pellicola, infatti, è bella non tanto quando alla sua uscita vince il box office ma soprattutto se rimane poi nella testa e nel cuore di chi l’ha vista fino a superare le barriere temporali e a diventare un cosiddetto “evergreen” (popolare o di nicchia che sia).
Di questo ci occupiamo con la nuova rubrica Visti, rivisti, da rivedere, e cominciamo con un grande capolavoro del cinema nostrano, la tetralogia che si è inaugurata con Pane, amore e fantasia, girato nel 1953 da Luigi Comencini.
Questa pellicola, dopo oltre sessant’anni, è ancora ben impressa nell’immaginario collettivo tanto da passare sulle varie reti televisive generaliste più volte per ciascun anno solare.
Cast impeccabile, con protagonista maschile a tutto tondo Vittorio De Sica, cinquantenne non più asciutto e allampanato come dieci anni prima ma ancora affascinante e capace di una inequivocabile verve da commedia. Accanto a De Sica la giovane e bella Gina Lollobrigida, conturbante e ingenua al tempo stesso, e un gruppo di caratteristi di prim’ordine, tra i quali Tina Pica che, ormai settantenne, ottiene un successo di pubblico impensabile, e Marisa Merlini.
La pellicola si colloca nel sottogenere definito come “neorealismo rosa”, unendo una storia più leggera e accattivante, con una conclusione lieta, ad un’ambientazione popolaresca tipica del neorealismo.
La storia si svolge in un immaginario paesino abruzzese diroccato e poverissimo i cui abitanti sembrano rassegnati al loro destino malgrado si sia in un periodo di lotte contadine.
Fa scalpore l’aver scelto come protagonisti dei carabinieri visti non come militi coraggiosi ma come uomini con tutte le loro pulsioni e debolezze, e fa scalpore l’aver scelto una ragazza sensuale e ardita nel ruolo della cenerentola negletta mentre solitamente nell’immaginario collettivo una ragazza prosperosa era destinata a incarnare la seduttrice per eccellenza.
Trasgressivo a suo modo ma decisamente ingenuo nelle tematiche, il film profuma di un’Italia antica e misera, lontana anni luce dall’Italia contemporanea e per questa sua aura sospesa tra temi sempre attuali e passato quasi remotissimo, e merita un posto particolare per ogni cinefilo che si rispetti.
Il successo popolare e di critica portò Comencini a realizzare l’anno dopo un simpatico sequel, Pane, amore e gelosia, in cui ai personaggi veniva dato maggior spazio togliendone invece alla componente neorealista, che era rappresentata invece dal popolino pettegolo e miserrimo che faceva da comprimario.
In questo secondo film, è la storia sentimentale delle coppie Lollobrigida – Roberto Risso (il carabiniere Stelluti) e De Sica – Merlini a concentrare l’attenzione e a dare alla vicenda un certo pathos.
Il pubblico continuò a seguire positivamente anche questa vicenda, tanto da richiedere a gran voce una terza parte: fu girato così Pane, amore e… (1955), ma stavolta il regista è Dino Risi e l’azione si sposta a Sorrento, terra natìa del “non-più-maresciallo” Carotenuto; l’attrice che affianca De Sica è in questa pellicola la ventenne ma già bravissima Sofia Loren.
Anche se sono trascorsi appena due anni dal primo film, la situazione in Italia è già molto cambiata e Risi, padre della commedia all’italiana, crea una vicenda che ruota intorno a De Sica, gigionesco come non mai e ben coadiuvato sia dalla provocante Loren che dalle altre attrici. A Tina Pica è riservato un ruolo più ampio che dà modo all’attrice di esprimere una vis comica lodata ancora oggi.
A distanza di tre anni, infine, il regista spagnolo Javier Setò conclude la tetralogia realizzando Pane, amore e Andalusia, ideale seguito dei tre film precedenti, che conserva De Sica come interprete principale coadiuvato da Peppino De Filippo e da un cast tutto spagnolo. Purtroppo però questa coproduzione italo-iberica non incontrò i favori del pubblico chiudendo malamente la saga, tanto che, infatti, quest’ultima pellicola è nota solo agli esperti ed è passata raramente nei circuiti televisivi a differenza delle prime tre, che invece continuano negli anni a piacere e divertire.
Per i puristi c’è da aggiungere che esiste anche uno spin-off della tetralogia, con Roberto Risso protagonista e Lorella De Luca, fidanzatina d’Italia (o Sandra Dee italiana) come sua partner. Il film si chiama Tuppe tuppe marescià ed è una sorta di musicarello, in quanto è ispirato a una canzone dell’epoca (1958). Garbata e piena di gustosi siparietti, tuttavia anche questa pellicola non è riuscita ad ottenere successo e fama come le precedenti ma arricchisce a suo modo questo bel capitolo della cinematografia italiana.
FRANCESCA BARILE