“Il coraggio è fuoco e il bullismo è fumo”: da questa citazione di Benjamin Disraeli prende le mosse il regista pugliese Stefano Simone per la sua ultima fatica intitolata, appunto, Fuoco E Fumo e incentrata sul tema del bullismo e su come questo venga affrontato diversamente da differenti tipologie di ragazzi.
Il film è ambientato a Manfredonia (FG), con particolare attenzione alla periferia degradata che fa da ottimo sfondo alle scene di maggior impatto, che sono poi quelle dove la mano registica di Simone, positivamente ispirato da maestri del noir e del cinema di genere in toto, si vede maggiormente.
Se tralasciamo la qualità non proprio eccelsa dei dialoghi, a volte inverosimili e sul filo della sospensione dell’incredulità, soprattutto se consideriamo che sono messi in bocca a dei ragazzini del liceo, si può sostenere che, indipendentemente dalla valenza sociale del tema, ciò che più colpisce è il modo in cui il regista riesce a servirsi di questo tema per mettere in scena delle sequenze dal forte impatto visivo, contrassegnate dal consueto utilizzo della camera a mano e accompagnate dalle bellissime note del sempre fidato Luca Auriemma.
Soprassedendo anche sulla lunghezza della prima parte introduttiva fin troppo diluita (tra discorsi di inizio anno da parte del preside e presentazione dei personaggi principali), quando entriamo nel vivo del racconto, entriamo anche nella parte saliente della pellicola, che così acquista ritmo e consistenza e riesce finalmente a catturare l’interesse e l’attenzione dello spettatore.
In particolare ci sono alcune sequenze “mute” che incollano lo sguardo allo schermo: quella in cui una ragazza viene inseguita da uno dei bulli della scuola e si ritrova a dover correre a perdifiato per sfuggirgli; quella in cui uno dei protagonisti (un ragazzo omosessuale che viene schernito e maltrattato dai suddetti bulli) viene pestato a sangue per poi decidere di togliersi la vita; quella di un ulteriore pestaggio, questa volta ai danni del professore di matematica (interpretato da Filippo Totaro, già ottimo protagonista de Gli Scacchi Della Vita) e, soprattutto, la sequenza del confronto finale tra i bulli e il ragazzo che decide di fermarli (dopo aver perso l’amico omosessuale e dopo aver visto minacciata anche la sua migliore amica), una sequenza che assume dei contorni western.
In queste scene, insomma, così come in quella quasi onorica in cui il regista riprende le scorribande notturne della gang, accompagnate dalle note dei Nirvana, si riconosce una certa autorialità, ispirata a grandi nomi, ma anche a produzioni recenti, come il bellissimo Suburra di Stefano Sollima.
Concludendo, quindi, al di là del valore sociale di denuncia nei confronti di questo fenomeno purtroppo ancora molto presente tra gli adolescenti, Fuoco E Fumo risulta essere un ottimo lavoro proprio perché, considerando anche i contorni quasi pasoliniani del racconto di questi ragazzi, riesce ad entusiasmare quando si entra nel vivo di questo “fuoco” e, di rimando, si entra anche nel vivo di quello che, per certi aspetti, può essere considerato un vero e proprio noir metropolitano.
ALESSANDRA CAVISI