Input filosofici, enigmatiche forme spesso geometriche che aprono squarci interpretativi inattesi e protesi verso l’infinito più misterioso che nutre la vita stessa: sono queste alcune caratteristiche delle opere di Sabino Lerario, artista barese i cui lavori si muovono tra cielo e terra, cosmo ed entità fantastiche che percorrono spazi ancestrali, in cui vissuto e futuro s’incontrano, infiltrandosi nelle più piccole pieghe di una materialità tanto effimera quanto ben calcolata.
Nemmeno ventenne, Lerario già si muoveva tra gallerie, mostre e festival in tutta Italia, nonché in Francia, Svezia e Irlanda, segnalato nell’archivio dell’Istituto di Storia dell’Arte Contemporanea di Salerno e in quello per l’Arte Italiana del Novecento di Firenze; una vita dedicata alla pittura ed al suo insegnamento che, con passione e dedizione, non passa mai in second’ordine.
Persona solare, delicata e sempre pronta all’ascolto, si approccia alla vita con occhi di ricercatore, cercando di eviscerarne non solo gli aspetti radicali ma anche le relative valenze ontologiche, di chiaro impatto quando ci si sofferma ad osservare le sue opere.
Sezioni materiche ed esoteriche si alternano su tele che aprono ipotesi e domande esistenziali forti che intrappolano il passante distratto, invitandolo ad una riflessione introspettiva dalla quale non può sfuggire.
Innamorato della bellezza della natura tutta da interpretare e rivisitare e affascinato dalle potenzialità della mente umana, Lerario intrappola l’osservatore, costringendolo a soffermarsi sui particolari, incuriosendolo con forme accattivanti e propositive, dimostrandoci costantemente che lo sguardo può dotarsi di una sorta di funzione “partecipativa”, perché in pochi minuti riesce a disporre così profondamente dell’opera da diventarne parte attiva e viva.
PITIAN