Dalla Calabria a Manchester per rientrare poi in Campania e fondare gli Enjoy The Void. Questo è stato il percorso seguito da Sergio Bertolino, cantante, tastierista e autore dei brani della band fondata ufficialmente a Sapri (SA) nel 2015 e giunta sulle scene qualche mese fa con l’omonimo album d’esordio.
I brani degli Enjoy The Void spaziano tra i generi senza lesinare escursioni in territori insoliti o di ispirazione “vintage” pur seguendo arzigogolate traiettorie disegnate entro le corsie del pop-rock e dell’elettronica più black e moderna.
Nasce spontaneo chiedersi, quindi, quale possa essere il background della band campana, se è stata in grado di forgiare un disco tanto eterogeneo quanto coerente in cui, come dichiara il comunicato stampa, “ogni brano – sia in senso musicale che testuale – è un mondo a sé, ha una propria atmosfera e un arrangiamento che si adatta al contenuto (un procedimento che la band definisce “arrangiamento concettuale”)”.
Non ci stupiamo perciò della scelta del titolo e quindi del fil rouge complessivo di questa playlist, ovvero L’ordine del caos.
Guardate ed ascoltate qui.
::Playlist:: by Enjoy The Void – “L’ordine del caos”
Frank Zappa – The Grand Wazoo
Avevo 18 anni ed era sabato sera. Mi trovavo nella macchina d’un amico e lui: “Mi hanno consigliato questo disco, ma non mi convince…”. Da quando ha messo play saranno passati al massimo 30 secondi, ed io: “Ehi, ehi, aspetta! Chi cazzo è ‘sto tipo?”. Frank Zappa è uno degli autori fondamentali della mia vita. In The Grand Wazoo spazza via ogni luogo comune rispetto al jazz. La grande composizione (in certi aspetti classica, nel senso migliore del termine) sposa l’interpretazione, l’improvvisazione, l’eccezionale bravura tecnica, mai fine a se stessa.
Iosonouncane – Carne
DIE è uno dei migliori album italiani dei duemila. Uno di quegli album che ti fanno ben sperare per il futuro. In breve (maledette etichette!) cantautorato ultraelettronico di gran classe. Probabilmente l’ambizione maggiore che possiamo permetterci (senz’ironia, è una grossa ambizione), facendo dialogare la nostra storia pop con gli stimoli esterni. Iosonouncane sfoggia architetture sonore d’indubbio interesse, impreziosite da buoni testi.
Flying Lotus – Putty Boy Strut
Pronipote di Alice Coltrane (DNA), Flying Lotus è – forse insieme a Four Tet – l’artista del campionamento per antonomasia, uno dei pochi che è riuscito a rileggere il linguaggio jazz e blues in chiave stramoderna. In Putty Boy Strut sembra di ascoltare Miles Davis mentre gioca a Super Mario Bros…
Foals – Inhaler
Di certo ai Foals la personalità non manca. Li riconosci subito. Indiscutibile la raffinatezza degli arrangiamenti: non si tratta di ballabilità facilona, né di un rock linguisticamente scontato. È piuttosto un percorso in crescendo assai gustoso, ricco d’ingredienti diversi: il funky, l’alt-rock dei ’90, tratti di psichedelia e grunge… addirittura, a volte, di etno-folk.
John Lennon – Out the Blue
Non c’è compositore che m’abbia influenzato di più. Ho un’autentica adorazione per John Lennon, il che mi rende il suo critico meno affidabile. Ho scelto un brano d’una bellezza lapidaria. Ma è questo, forse, il suo grande insegnamento: malgrado la “classicità” della sequenza armonica, si possono costruire melodie memorabili. Perfetto esempio del concetto di grazia rinascimentale: la complessità che nasconde se stessa, che si fa semplice, immediata, ma non perciò meno potente.
…A Toys Orchestra – Cornice Dance
È a mio parere la migliore rock band italiana in circolazione. Scrittura di qualità, che ho apprezzato sin dai primi lavori (Cuckoo Boohoo e Technicolor Dreams su tutti) in cui lo spiccato gusto per la melodia s’accompagna a pregevolissimi – e mai scontati – arrangiamenti, in grado di spaziare da un alt-rock di stampo britannico a un’elettronica lavorata in senso quasi orchestrale, col pop sempre nel mirino.
Sixto Rodriguez – Cause
La storia artistica di Rodriguez ha dell’incredibile (raccontata nel bel documentario – che consiglio – Searching for Sugar Man). Cause è una delle sue ballate più struggenti, dal secondo – e ultimo – album in studio, Coming From Reality, del 1971. Per non parlare del testo… Ragazzi, semplicemente fantastico!
Floating Points – Silhouettes I, II and III
Dieci lisergici minuti per quest’incredibile suite tripartita. Dilatazioni prog, ambient, elettronica, jazz, respiro sinfonico, accelerazioni funky, sezioni corali di celestiale poesia…
Built to Spill – I Would Hurt A Fly
Tratto da Perfect From Now On, perla alt-rock del 1997, I Would Hurt A Fly è una spettacolare ballad che ben esemplifica lo stile del quartetto statunitense. Un rock chitarristico che poggia le sue fondamenta sul talento di Doug Martsch (voce e chitarra), tra psichedelia, strutture algebriche e setosità da violoncello.
Enjoy the Void – Our Garden
Primo singolo della mia band, Our Garden è una canzone d’amore dal sapore lennoniano, per la maggior parte giocata sulla progressione espressiva: quasi ad ogni stanza s’aggiunge uno strumento… fino all’inevitabile acme.