La vita è davvero uno “scherzo cosmico”, come sosteneva Osho, nelle parole di Mavaffanguru!, una vera Summa (anti)Theologiae che porta la firma di Prem Dayal. Il titolo è già una dichiarazione di intenti: questa “guida spirituale per mistici senza Dio” non è certo un libro convenzionale. Dimentichiamoci dei manuali di auto-aiuto che spopolano in libreria sin dagli anni Novanta, stipati tra ricette di filosofia spicciola e mandala da colorare, prontuari religiosi per casalinghe e guide pratiche di crescita personale per imprenditori frustrati. La posizione di Prem Dayal è chiarissima: se addirittura Socrate sosteneva di non sapere nulla, che pretesa abbiamo noi di capirci qualcosa dell’esistenza? Ecco che prende vita, così, un anti-guru, che attraverso un linguaggio comune affine allo stereotipo della chiacchiera da bar sport mette in atto una curiosa attività maieutica in grado di portare chiunque a raggiungere l’illuminazione (o, meglio, una dissacrante “folgorazione”).
La vita, in effetti, è un gran casino: ma l’errore più grande di tutti coloro che si affannano a cercarne il senso – che può prendere il nome di un dio, o del denaro, o delle proprie triviali ambizioni – sta nel verso della ricerca stessa. Non è nell’appiglio a qualcuno o a qualcosa che va cercata, infatti, la verità; è in noi stessi che risiede ogni agognata risposta. Prem Dayal non usa eufemismi: tra una storiella e una barzelletta, fungendo da canale per un’entità fittizia dal nome emblematico di Peppino Cocozza – né un santone né un profeta, ma “uno di noi”, impegnato in attività quotidiane da perdigiorno di periferia –, rivela ai suoi lettori quanto l’esistenza umana sia oramai corrotta, priva di creatività e della spontaneità indispensabile a un incontro con il proprio lato “divino”. È così che apprendiamo come la nostra purezza infantile – tutti noi nasciamo “d’oro” – venga sbiadita nel tempo per opera degli “alchimisti al contrario”, che trasformano il metallo prezioso in piombo e ogni bambino in un adulto costretto, inibito, condizionato e confuso: insomma, un “vero coglione” che a sua volta, come un mago incapace, priverà della geniale innocenza le generazioni seguenti (“dal bambino divino al bambino fottuto”).
Con un atteggiamento provocatorio e iconoclasta, quasi un’auto-satira nei confronti dei propri stessi “colleghi”, l’autore svela nella prima parte del volume (La Malattia) tutto ciò che ci turba: il conflitto tra il nostro io e le aspettative sociali (“alla società […] l’unica cosa che gli interessa è trasformarti il più presto possibile in un coglione al suo servizio”); l’attitudine all’opportunismo e alla bugia (“l’uomo […] mette in risalto le qualità che considera convenienti, si inventa quelle che non ha, finge di sapere cose che non sa”); la perdita di un’identità unica a favore di maschere convenzionali (“chi cazzo sono io?”); l’esasperato attaccamento ai beni materiali (“tutti […] ci prostituiamo per briciole […] di denaro, di sicurezza o di potere”); l’ingannevole senso di appartenenza a una comunità e il conseguente odio nei confronti di chi non ne fa parte (“sarà inevitabile credere veramente di essere repubblicano, cristiano, rumeno, anarchico, barista o socialista, guadagnandosi il fregio della coerenza di fronte alla considerazione della società, ma esponendosi al ridicolo di fronte agli occhi di dio”). Tutto ciò ci rende una “banda di nevrotici” smarrita nello scollamento dalla nostra reale essenza (che è, per definizione, divina).
Il risveglio della coscienza, nelle parol(acc)e di Prem Dayal – e di Peppino Cocozza –, sembra tuttavia a portata di mano e sta, sostanzialmente, nel lasciar andare. È La Medicina, un’ironica reinterpretazione dei fondamenti della Mindfulness, a svelare il segreto per una vita illuminata. Partendo dal presupposto che la mente è uno strumento, e come tale, al pari di un braccio o di una gamba, non coincidente con la nostra sostanza esistenziale, l’autore elogia un distacco dagli affanni causati dai condizionamenti sociali e religiosi in favore di una nuova, genuina spontaneità. Se, da un lato, sembra consigliare un’elevazione dalla dimensione terrena, dall’altro si pone all’esatto opposto dell’ascetismo: quella di Peppino Cocozza è una visione fortemente concreta, dalla forma grezza nel suo senso più positivo, che identifica nella mancanza di mediazioni uno slancio istintivo, vitale e straordinariamente libero. Il gusto delle gioie terrene ci fa infatti assaporare il qui ed ora, quel presente tangibile che troppo spesso offuschiamo tra i rimpianti del passato e le paure del futuro. È attraverso tre “mantra” che Prem Dayal diffonde la sua cura: il Machissenefrega, il mantra del Distacco; il Mavaffanculo, il mantra della Purificazione; e il Non Sono Cazzi Miei, il mantra della Disidentificazione. Ognuno di questi, provocatoriamente, ci esorta a rilassarci lasciando andare le preoccupazioni, le inutili ansie causate dalle incombenze quotidiane, le pressioni dovute ai contesti lavorativo e famigliare, i pregiudizi, i conflitti interiori e interpersonali, e tutto ciò che avvelena la nostra esistenza. Non è tuttavia nella mancanza di responsabilità, come potrebbe apparire, che risiede la realizzazione personale; perché, secondo l’autore, abbracciando la propria essenza libera e naturale, priva di vincoli, un circolo virtuoso investe le proprie azioni, i propri impegni e le relazioni, propugnando, più che un allontanamento dalla realtà concreta, un nuovo atteggiamento nei confronti delle proprie angosce. Per una volta, “una risata (non) vi seppellirà”: questo è un elogio alla vita, che ritrova la propria essenza nella saggezza di un sorriso.
Il sito ufficiale di Prem Dayal: www.premdayal.mx
ILENIA DI MICHELE