25 anni fa se ne andava Kurt Cobain, lasciandoci una manciata di canzoni rivoluzionarie, in grado di rappresentare un’intera generazione, ma lasciandoci anche tanto amaro in bocca al pensiero del vuoto incolmabile che si sarebbe creato con la sua assordante assenza. Tante le celebrazioni che ci sono state in tutto il mondo, per ricordare la sua arte, le sue parole e il suo pensiero. Noi ne abbiamo incrociata una molto particolare: un libro di racconti a più voci, intitolato Come spiriti adolescenti, curato da Piero Ferrante e scritto da venticinque autori diversi, ciascuno chiamato a raccontare in maniera originale alcune canzoni scritte o comunque suonate dai Nirvana, utilizzando questo pretesto per “restituire alla memoria di Kurt Cobain una parte di quell’arte che il corpo di Kurt Cobain ci ha donato”, come dichiara lo stesso Ferrante, in questa intervista:
Ciao Piero, per cominciare una domanda semplice: perché Kurt Cobain?
Tutto parte dalla coincidenza temporale con il venticinquesimo anno dalla sua morte, l’8 aprile del 1994. Una questione di calendario ma più che altro come pretesto. Dietro, chiaramente, esiste un’anima diversa. Perché quel giorno è stato molto più che un giorno di lutto: per chi viveva una generazione cambiata e segnata dalla musica dei Nirvana, l’8 aprile è stato una sorta di venerdì santo. Scompariva un umanissimo dio, che dava corpo ai nostri pomeriggi, plasmava le nostre idee, musicava le nostre rivolte. D’un tratto alzavi gli occhi e vedevi crocifisso una parte di ciò in cui credevi. Che poi era anche una parte importante di te.
Come spiriti adolescenti è un libro collettivo, con venticinque diversi punti di vista di altrettanti autori sulla vita, le opere e il pensiero di questo che, come tu stesso dicevi, è stato un “umanissimo dio” per un’intera generazione. Quali sono state le coordinate che hai dato agli altri autori per produrre ciascuno il proprio racconto?
Come spiriti adolescenti è un affaccio non tanto su Cobain, ma su quello che eravamo noi di fronte alle canzoni dei Nirvana. L’idea era di restituire alla memoria di Kurt Cobain una parte di quell’arte che il corpo di Kurt Cobain ci ha donato. Abbiamo allora prestato teste, mani e tempo a questa piccola odissea. Ispirati da venticinque pezzi diversi dei o suonati dai Nirvana, ispirati da un personaggio, da una parola, da una sensazione, da una vibrazione, da un fatto raccontato in un testo, ispirati dalla musica insomma, sono nati venticinque racconti, uno per ciascun autore, uno per ciascuna canzone.
La particolarità è che alcuni narrano una (reale o possibile) versione di episodi di vita di Cobain (tipo La musica è solo un gioco, di Eliselle, ispirata da Lithium, che racconta la lite che ci fu tra Nirvana e Guns’n’Roses agli MTV Music Awards, o anche Something in the way di Antonio L. Falbo, ispirato all’omonima canzone, che racconta del presunto periodo trascorso da Kurt sotto i ponti, con il suo amico immaginario, Boddah) mentre altri raccontano tutt’altro, pur ricollegandosi, come dicevi prima, alle atmosfere dell’epoca (penso ad esempio al dettagliato racconto di Domenico Mungo, Aero Zeppelin! The season of love&death, ispirato da Aero Zeppelin, che racconta ciò che avveniva musicalmente a Torino negli stessi anni dei Nirvana). Una proposta di temi insomma ricchissima e variegata. Qual è, secondo te, in questo caso il punto di forza di un lavoro di gruppo e quale invece la difficoltà maggiore?
Il punto di forza è proprio il lavoro di gruppo, quella magia che si costruisce pezzo per pezzo e che, nel mentre va componendosi, ti scombussola, ti spiazza, ti sconquassa. Come un grande disegno ad azulejos, che se prendi le singole piastrelle temi possano non rappresentare nulla ma poi, alla fine, viene fuori un qualcosa di sorprendente. La difficoltà è invece piuttosto organizzativa, nel convogliare in un unico punto le esigenze di tutti.
Insomma quello che viene fuori dai racconti di Come spiriti adolescenti è principalmente l’immaginario di un’epoca, la stessa entro cui si muoveva il “Kurt-pensiero”, proiettando il lettore in un mondo di camicie di flanella, disagi adolescenziali e voglia di evadere. Secondo te, quindi, qual è il lettore ideale di questo libro?
Bella domanda. Se mi fosse stata posta a febbraio, a marzo, prima dell’uscita del libro, insomma, avrei detto: il nostalgico quarantenne. Con i mesi, le presentazioni, le chiacchiere, mi sono trovato di fronte una platea di persone diversissime tra di loro: dal tredicenne innamorato del grunge, alla mamma preoccupata per la deriva stracciona nel vestiario del proprio figlio, dal rockettaro nostalgico al purista. Quale sia, in questo marasma di gente, il lettore perfetto non saprei dirlo. Forse, semplicemente, il lettore perfetto non esiste. È come diceva Massimo Troisi, nei panni del postino Mario Ruoppolo, in riferimento alla poesia: “è di chi gli serve, non chi la scrive”.
Effettivamente il libro si presta ad un pubblico più vasto di quanto si possa immaginare anche grazie alla varietà di toni e stili utilizzati dai diversi autori, dal linguaggio più quotidiano a quello più aulico, da quello più violento a quello poetico. In tal senso c’è stato qualche racconto che ti ha maggiormente stupito quando l’hai letto per la prima volta?
E ci sono anche un piccolo testo teatrale e un maccheronico apulo-lombardo-inglese! Perché la mia intenzione era lasciare libera la parola. Volevo che le mani corressero in preda a una sbronza (non è nata così Amico Fragile?), dopo una delusione o per una grande gioia, e chi voleva poteva anche solo farne un esercizio di stile, un divertissement. Mi piace credere che questo amalgama di pezzi diversi sia grunge trasposto in letteratura, ecco. Per cui lo stupore viene forse dalla sua lettura integrale anziché da un singolo racconto.
Da un punto di vista musicale qual è stato secondo te il contributo più importante di Cobain?
L’Unplugged in New York. Per gestualità, vibrazione della voce, suoni, contaminazioni, postura. Kurt Cobain ci stava dicendo quello che avrebbe voluto essere e che già sapeva non sarebbe mai diventato.
Invece da un punto di vista di temi e messaggi qual è stata secondo te la sua più grande rivoluzione?
La liberazione del rock dall’immagine pornografata della donna. Con i Nirvana il rapporto uomo/donna smette di essere ridotto al vanto sessuale di un maschio americano, bianco, ricco e di successo. E diventa umanità, violenza, complessità, fragilità, amicizia, delicatezza. Le parole d’amore di Kurt Cobain sono ricercate e intrecciano fili d’immagini al limite del lisergico. Lo stesso Cobain, direbbe il professor Bellavista, era un uomo d’amore. Che per amore tutto dava e che per amore era disposto a soffrire d’un dolore assoluto e purissimo.
Ci sono, nel libro, storie sviluppate proprio intorno a questi temi o che prendono spunto da essi?
Assolutamente. E non potrebbe essere diversamente. Per tutti noi, ereditare l’arte di Kurt Cobain ha significato ereditarne la sensibilità. E quindi, giocoforza, anche non volendo, libertà, amore e umanità fragile sono i fili che muovono tutto il libro.
Cosa vorresti che questo libro possa contribuire a tramandare ai posteri della complessa personalità di Kurt Cobain?
L’amore assoluto per il mondo. Talmente grande da morire di fronte al suo rifiuto.
Per concludere, come mai la scelta di devolvere il ricavato delle vendite all’associazione Gruppo Abele ONLUS di Torino?
Devolviamo i diritti d’autore a un progetto specifico del Gruppo Abele che si chiama Drop House, un centro diurno in bassa soglia ubicato nella periferia di Torino, rivolto a donne che attraversano un momento di fragilità. All’interno della Drop House non ci sono “ospiti”, come succede nelle comunità di accoglienza per esempio. Ci sono donne di ogni provenienza, lingua, religione, fascia di reddito, che hanno la vita fratturata da una faglia, scissa per colpa di un terremoto interiore o esteriore: vittime di violenza familiare, donne economicamente fragili, alla ricerca di un posto nel mondo, senza strumenti linguistici per approcciare un nuovo paese, donne con figli piccoli che non riescono ad accedere agli asili nido, senza fissa dimora. C’è un’umanità afflitta ma non arresa che lotta e che necessita di essere sostenuta. Con quello che ricaveremo non cambieremo le sorti del mondo, di sicuro. Pure, anche nell’immediata disponibilità della casa editrice, c’è tutta la potenza di un messaggio: stiamo dove vivono le contraddizioni del sistema economico. Lo stesso sistema che Cobain accusava di violenza (Rape me!) e che tre decenni dopo, crollando, ci sta sommergendo tutti, indistintamente.
Auguriamo dunque tutto il meglio a questa iniziativa e consigliamo a tutti di leggere questo splendido libro, scorrevole e dalle mille sfumature, per ricordare in un modo un po’ diverso uno dei più grandi artisti di sempre, che ha preferito “bruciare in fretta anziché spegnersi lentamente”.
Qui la scheda del libro sul sito della casa editrice: http://www.edizioniradicifuture.it/libri/come-spiriti-adolescenti/
DORIANA TOZZI