SanPa – Luci E Tenebre Di San Patrignano: quando il bene e il male sono tinti da chiaroscuri indecifrabili
Docuserie incentrata sulla figura di Vincenzo Muccioli, fondatore della famosissima comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, che dà voce agli ex ospiti, ai detrattori, agli adoratori, a tutte le persone che in qualche modo hanno vissuto in prima persona i fatti che videro contemporaneamente alla nascita e alla crescita della comunità, anche la nascita, la crescita, la fama, il declino e la caduta del suo protagonista, personaggio ambiguamente affascinante e carismatico.
Ha suscitato molte polemiche e ha fatto parlare tanto di sé, cosa che già da sola potrebbe bastare a far sorgere la curiosità e l’interesse di approcciarsi alla visione di questa serie documentaristica italiana, con un taglio a tratti americano, che nonostante le varie accuse di essere stata troppo dura nel tratteggiare la figura presa in esame, in realtà a ben vedere restituisce proprio quello che già si evince dal sottotitolo che la contraddistingue: “luci e ombre di San Patrignano”. E le luci e le ombre, in effetti, si stagliano non solo sulla comunità, ma anche sul suo fondatore mastodontico, letteralmente e metaforicamente.
Un personaggio che viene descritto e raccontato da molte voci, non solo quelle di repertorio dell’epoca (i genitori dei tossicodipendenti, i suoi collaboratori, i giudici, gli avvocati, ecc…), ma anche da quelle che dopo anni dalla sua dipartita, con distacco dagli eventi e dalla persona stessa, provano a dare un loro punto di vista sulle vicende prese in esame (il famoso processo delle catene, i suicidi, l’omicidio insabbiato e molto altro), restituendoci atroci dubbi sulla giustezza o meno di determinati mezzi per raggiungere degli scopi ben specifici.
Chi era, dunque, Vincenzo Muccioli? Era davvero il “padre” caritatevole che aveva assunto come missione della propria vita quella di salvare dalla strada e dalla droga i suoi “figli”, pur ricorrendo a metodi poco ortodossi come qualche sganascione, fino ad arrivare alla reclusione forzata con le catene, ai metodi coercitivi, sia fisicamente che psicologicamente? O era un invasato che si credeva superiore alla legge (di cui ovviamente si percepiva un vuoto, con un’incapacità dello Stato di far fronte a quella che in quel periodo si rivelò essere una vera e propria piaga sociale di proporzioni epiche), un uomo che pensava di essere una sorta di messia, in grado di guarire le malattie con l’imposizione delle mani, e intento spesso a portare avanti riti religiosi da vera e propria setta?
E poi, così come detto da genitori evidentemente disperati e distrutti dal dolore, era davvero meglio essere imprigionati da catene di ferro, piuttosto che dalla dipendenza? O il salvarsi dalla droga deve passare attraverso altre strade che non prevedano, come spesso accadeva, la dipendenza dal proprio salvatore? Il salvatore, insomma, si trasforma in carnefice o l’aver evitato la morte di moltissimi degli ospiti di San Patrignano, rende Muccioli un uomo su cui è impossibile avere dei dubbi morali?
Si potrebbe continuare all’infinito con le dicotomie che SanPa suggerisce in maniera molto suggestiva allo spettatore, ma basterebbe citare alcuni degli interventi di Fabio Cantelli, ex ospite della comunità, per anni anche responsabile dell’ufficio stampa di San Patrignano, che in maniera molto emozionante e al tempo stesso illuminante, racchiude totalmente, più di ogni altro intervistato o protagonista della serie, l’impossibilità di esprimere un giudizio netto nei confronti di questa figura al tempo stesso controversa, ma totalmente e innegabilmente affascinante e interessante. Quando dice, infatti, “chiudendomi in uno stanzino mi ha ridato la libertà” o ancora “quello che io sono è anche grazie a San Patrignano e grazie a Vincenzo, anche se mi tocca riconoscere anche nonostante Vincenzo e nonostante San Patrignano”, con quel “grazie” e quel “nonostante”, sancisce l’indefinitezza che spesso esiste nella demarcazione della linea di confine tra bene e male, quando ci si approccia a riflettere su questo personaggio e sugli eventi al centro della serie.
Una linea di confine che divide in due gruppi le persone che hanno partecipato alla docuserie, con molti personaggi che incondizionatamente definiscono Muccioli un santo vero e proprio o ne lodano i metodi, nonostante spesso siano sembrati e stati oggettivamente inumani (tra questi Red Ronnie, Indro Montanelli, la famiglia Moratti, il figlio Andrea, l’ex ospite della comunità poi diventato terapeuta nella stessa e non solo); e accanto a loro, altri che, invece, o gli hanno voltato totalmente le spalle come Walter Delogu (suo braccio destro e autista per anni, poi diventato il suo “traditore” numero uno, fino all’abbandono della comunità) o si discostano per molti versi da quelli che sono stati i suoi metodi e dal marcio che spesso all’interno della comunità è stato nascosto (tra questi, ci sono altri ex ospiti, giudici che all’epoca hanno seguito i vari processi, giornalisti, l’ex sindaco di Coriano e molti altri).
Una presenza di entrambi i punti di vista che risulta equilibrata e misurata e che lascia spazio allo spettatore di incunearsi nelle differenti visioni e di assistere anche allo svolgersi cronachistico dei fatti (soprattutto per chi appartenendo a generazioni successive non ha ricordi vividi degli stessi), mettendolo di fronte all’ascesa e alla caduta di questo personaggio, con l’impossibilità, disarmante, di riuscire ad avere un’opinione decisa e con la presenza di chiaroscuri che si stagliano come in un film espressionista tedesco sulle mura di San Patrignano e sulle possenti spalle di Vincenzo Muccioli.
Trailer della serie:
Miglior Episodio 1×02 – Crescita
Nonostante per avere una visione totale del significato di questa docuserie, insito nel raccontare il “bianco” e il “nero”, l’inesistenza di un confine tra bene e male nella rappresentazione di Muccioli e del suo operato, sia necessario prendere in considerazione tutti gli episodi che raccontano appunto della nascita, della crescita, del declino e della caduta; il secondo episodio, Crescita, riesce a restituirci in maniera molto vivida e a tratti impressionante, il “fenomeno” che Muccioli a un certo punto è diventato, conquistando l’opinione pubblica oltre l’impensabile, come una sorta di “rockstar” irresistibile e fortemente carismatica.
Nonostante i primi dubbi sorgessero e fossero messi in luce da alcune parti in causa, Muccioli raccoglieva enormi consensi, “imboniva” le masse, si faceva apprezzare da tutti e teneva incollati gli occhi di migliaia di telespettatori agli schermi delle varie trasmissioni in cui veniva invitato, conquistando quasi magicamente i genitori delle vittime dei vari metodi coercitivi da lui utilizzati, giornalisti, personaggi televisivi e, soprattutto, politici.
Lo stesso dicasi per gli ospiti della comunità che, nonostante le “violenze” subite, sembravano adorarlo come un santo, facendo sorgere i primi dubbi sulla possibilità di essere diventati dipendenti dalla sua figura autoritaria e persuasiva. Dubbi che ancora ora permangono e che, raccontati con intelligenza, rendono questo prodotto ricco di spunti di riflessione.
ALESSANDRA CAVISI