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Contaminazioni tra jazz e rap che fanno la differenza per lo Studio Murena

studiomurena2021coverOggi il panorama musicale italiano è rappresentato da un surplus di artisti emergenti che spesso e volentieri ricorrono alle vetrine dei talent per farsi notare e poi, eccezion fatta per alcuni, finiscono nel dimenticatoio mediatico. La ricerca della novità può essere un’arma a doppio taglio e il rischio è quello di non incontrare i gusti del pubblico, ma, proprio come l’animale che dà il nome a questo progetto, ci sono artisti che vivono nascosti e osservano, in attesa, il momento giusto per uscire allo scoperto: parliamo dello Studio Murena. Si tratta di un collettivo nato dal talento di cinque musicisti diplomati al conservatorio di Milano – Amedeo Nan (chitarra elettrica), Maurizio Gazzola (basso elettrico), Matteo Castiglioni (tastiere e synth), Marco Falcon (batteria) e Giovanni Ferrazzi (elettronica e sampler) – che negli ultimi tempi hanno arricchito la propria formazione con le barre impegnate dell’MC Carma, alias Lorenzo Carminati, nostalgico della vecchia scuola dei Colle der Fomento e Sangue Misto. La versatilità musicale che caratterizza questo gruppo lo rende unico al punto che il loro sound si basa sulla fusione di due generi apparentemente senza nulla in comune se non la provenienza d’oltre oceano: rap e jazz.

Sin dal 2018 è stato possibile ascoltare un assaggio di queste contaminazioni musicali, meritevoli Password, Long John Silver e Marmo, brano ispirato a una poesia di John Coltrane, e adesso con le premesse di una critica che condanna chi nella nostra epoca fa vincere l’apparenza piuttosto che la sostanza, arriva il nuovo disco, pubblicato per Costello’s Records (distribuzione The Orchard).

L’intro è di grande impatto e si rifà all’incontro tra musica strumentale e hip hop tipico del filone americano di cui è stato antesignano Robert Glasper, includendo da un lato l’energia della batteria e del piano elettronico e dall’altro la saggezza delle barre di MC Carma: Non si può dire quello che siamo, solo quello che non siete… Si va avanti con Vuoto Testamento dove la metrica e il ritmo graffiante del rap riprendono la celebre terzina dantesca del canto ventiseiesimo “fatti non foste a viver come bruti” per denunciare una società madre padrona che ha perso i suoi valori e non si accorge dello smarrimento emotivo dei suoi figli di fronte a una vita il cui unico senso, si riesce a trovare solo tendendo a formare il caos. Il ritornello è preceduto dal sassofono di Riccardo Sala con cui la band aveva già collaborato in Eclissi. Un’apertura minimale della batteria caratterizza invece Giorni Dispari, malinconica traccia che indaga i sottopassaggi dell’animo umano, senza risultare stucchevole, mentre un gusto più elettronico ci arriva da Utonian, forse la migliore traccia del disco, che mantiene un mood istintivo e introspettivo ricordando nei versi, l’attitudine di artisti quali Rancore e Mezzosangue. SETIPERDITUODANNO suona invece come una traccia/avvertimento la cui ruvidezza del testo nasce da un’esigenza personale legata al distacco dalle dinamiche di una realtà corrotta e si adagia perfettamente su un beat che somiglia a una carezza rassicurante. Infine l’outro interamente strumentale è il fanalino di coda che evidenzia il cuore e il talento della band nel saper suonare con precisione e pulizia.

Se il jazz non è mai morto (lunga vita al jazz) e abbandonare l’ascolto del rap commerciale a cui siamo abituati oggi può risultare difficile, fare un salto nel poliedrico contenitore musicale dello Studio Murena è senza dubbio doveroso per lasciarsi intrattenere riflettendo, specialmente se si è stufi di ascoltare le storie di chi stappa bottiglie nei privè o gioca a fare il King del rap nelle classifiche ufficiali.

Qui il sito della band: https://studiomurena.com/

Qui il video di Eclissi feat. Riccardo Sala:

ILARIA SALVATORI

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