Carolina è una madre. Vedova. È rimasta sola con il figlio Bruno, dopo che Mauro, suo marito e operaio di professione, ha perso la vita in un incidente sul lavoro. Una cosiddetta “morte bianca”. Tutti piangono. Perfino il primo amore di Mauro si commuove quando si presenta alla porta di Carolina per offrirle il suo appoggio, mentre il piccolo Bruno fa le prove sul terrazzo condominiale per una ipotetica intervista che qualcuno potrebbe fargli al funerale del padre. Tutti in un modo o nell’altro si disperano per la morte di Mauro. Tutti tranne Carolina che, invece, ride.
Messa in questo modo, l’impressione è quella di trovarsi faccia a faccia con una moglie poco interessata o per niente innamorata del marito. Invece non è così. Come recita la didascalia che compare sul finale del film, Ride è un’opera dedicata a chi resta. Il messaggio trasmesso, insomma, è che struggersi per un lutto non sempre è o deve essere la reazione standard cui attenersi per liberarsi dal dolore.
Valerio Mastandrea, in questo primo lungometraggio, sceglie il volto della compagna di vita Chiara Martegiani, per raccontare una storia il cui tema centrale delle morti bianche aveva già affrontato, quando nel 2005 aveva messo alla prova le sue doti registiche nel corto Trevirgolaottantasette. Anche lì c’era la vittima di un lavoro troppo spesso non svolto in sicurezza, con orari massacranti e senza una paga adeguata, proprio come sicuramente è accaduto in questo caso a Mauro Secondari, interpretato dal presente/assente Lino Musella.
Ma quello che mancava era il racconto del dopo, della sensazione di annichilimento e vuoto che consegue alla scomparsa fisica di qualcuno. Non c’è mai un modo giusto o sbagliato per raccontare una simile vicenda e neanche un tono più o meno alto da mantenere nella narrazione della stessa. Quella che però, forse, è risultata cruciale in questo film, è stata la recitazione degli attori. L’opinione piuttosto comune è, infatti, quella che vorrebbe soprattutto il personaggio di Carolina, troppo simile nel modo di parlare e muoversi al Mastandrea interprete di molti altri titoli, a tal punto da mettere in discussione la piena riuscita di questo esperimento dietro la macchina da presa.
Inoltre, la riproduzione a tutti i costi dello smarrimento emotivo, davvero ben resa da Renato Carpentieri che interpreta il suocero di Carolina, non giova certo allo scorrimento un po’ faticoso di queste ventiquattro ore ambientate nel comune di Nettuno. Tuttavia, quel verbo speranzoso che sta nel titolo, non si può dire che non faccia il suo dovere in quei momenti meno scorrevoli, di cui sopra, quando tra le lacrime di chi viene consolato al posto di consolare, si scorge sempre un solco simile a un sorriso tra le labbra di Carolina, la quale ride, come è giusto che sia, e si tiene stretto il più possibile il pensiero felice che la lega al marito.
RITRATTO DELL’ATTORE
Di strada ne ha fatta Valerio Mastandrea, da quando negli anni ’90 ha smesso i panni di ospite fisso sul palco del Teatro Parioli durante le registrazioni del Maurizio Costanzo Show, per diventare uno degli interpreti più apprezzati del panorama cinematografico nazionale. Un primo debutto a teatro nel 1993 e il film Ladri Di Cinema l’anno successivo, gli hanno permesso di lavorare con grandi maestri del cinema quali Ettore Scola, Marco Bellocchio, Paolo Virzì fino ad arrivare addirittura ad Abel Ferrara e Rob Marshall.
A molti sarà noto per aver rappresentato negli anni il prototipo del romanaccio un po’ burbero, dedito al tifo per la Roma, squadra che nell’aprile 2007 ha omaggiato con il monologo L’Antiromanismo Spiegato A Mio Figlio.
Mastandrea, però, è molto di più. Innanzitutto è entrato a far parte della storia del musical di Garinei e Giovannini, Rugantino, vestendo il ruolo di protagonista che prima fu di Nino Manfredi e poi di Enrico Montesano, accanto ad una romana altrettanto verace, Sabrina Ferilli. E poi si colloca fra gli attori autodidatti che hanno ricevuto più riconoscimenti alla carriera. Tra il 2010 e il 2017, infatti, ha vinto 4 David di Donatello rispettivamente per l’interpretazione de La Prima Cosa Bella, Gli equilibristi, Viva La Liberta e Fiore.
In realtà Ride non rappresenta in assoluto la prima esperienza dietro la macchina da presa per Mastandrea che, come già detto, ha diretto un cortometraggio con la stessa tematica del film, il cui titolo rappresenta la media numerica giornaliera delle persone che in Italia muoiono sul posto di lavoro, ma anche ben due videoclip delle canzoni di Daniele Silvestri, A Bocca Chiusa e Scusate Se Non Piango. Inoltre, ha sostenuto la produzione e concluso il montaggio del film Non Essere Cattivo, dopo la scomparsa del regista Claudio Caligari, pellicola che nel 2016 è stata candidata agli Oscar per rappresentare l’Italia nella categoria miglior film straniero.
Dal 2011 fa parte del comitato scientifico della scuola romana d’arte cinematografica intitolata a Gian Maria Volonté. Una scuola gratuita che in poco tempo è riuscita a raggiungere la stessa rilevanza di importanti poli formativi quali il Centro Sperimentale di Cinematografia e l’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico.
ILARIA SALVATORI