Strappare lungo i bordi: il flusso di coscienza joyciano dall’accento romano
Zero fa il fumettista e passa la maggior parte del tempo con i suoi migliori amici Sara e Secco, con i quali sta per intraprendere un viaggio che gli pesa molto fare e che lo conduce a svolgere una sorta di immersione nella propria coscienza, costringendolo a rivedere molti momenti e aspetti della propria vita, a partire dall’infanzia fino ad arrivare all’età adulta.
Alter ego del suo stesso creatore, il protagonista di questa serie animata in sei episodi targata Netflix, con un accento romano irresistibile e, a dispetto delle numerose critiche ricevute in merito alla sua incomprensibilità, molto naturale e piacevole, compie un doppio viaggio: quello fisico per raggiungere una determinata destinazione per partecipare a un particolare evento insieme ai suoi amici e quello metaforico all’interno della sua stessa personalità, messa sempre in discussione, così come le proprie scelte di vita.
Un viaggio a cui lo spettatore partecipa sempre più coinvolto in una stratificazione di livelli di lettura che vanno dal leggero, al comico, al poetico, fino a toccare il drammatico. Il tutto con un grande equilibrio e una fluidità nel racconto che ha dell’incredibile, soprattutto se consideriamo che i monologhi interiori del protagonista, nonché i rapporti interpersonali da lui raccontati, sembrano riassumere perfettamente un’intera generazione fino ad arrivare al punto in cui per lo spettatore appartenente alla stessa generazione è davvero impossibile non immedesimarsi in ciò che guarda.
Tramite un espediente in fase di doppiaggio davvero interessante, attraverso il quale ciascun personaggio viene doppiato dalla voce di Zerocalcare (tranne quella dell’armadillo che impersona la sua coscienza, irresistibilmente e straordinariamente doppiato da Valerio Mastandrea), Strappare Lungo I Bordi ci fa entrare nel vivo e nel profondo del suo protagonista, guardando il mondo dal suo punto di vista, fino ad arrivare all’episodio finale in cui, una volta che Zero prende finalmente atto di non essere, nel bene e nel male, al centro di tutto e di non dover portare il peso di questa enorme responsabilità, ogni personaggio acquisisce una propria voce.
Ma questo è solo uno dei momenti particolarmente toccanti che accompagnano questo racconto molto ironico e sarcastico in certi punti, ma altrettanto emozionante e commovente in altri. Una commistione di toni che stupisce per l’equilibrio da cui è contrassegnata, restituendoci una sceneggiatura ricca di spunti di riflessione e di riferimenti al nostro reale che ci strappano molti sorrisi amari per come riescono a raccontare con uno stile a tratti anche scanzonato la nostra società, l’era del capitalismo e del consumismo, il mondo del lavoro, i rapporti tossici e non solo.
Menzione speciale per la bellissima colonna sonora firmata Giancane accompagnata anche da brani di Tiziano Ferro, degli M83, di Ron e di molti altri artisti che si amalgamano perfettamente alla narrazione dandole ulteriormente senso e spessore.
In soli sei episodi, quindi, Strappare Lungo I Bordi, fa fare anche a noi spettatori un viaggio nelle nostre coscienze, intrattenendoci con una grande forza comunicativa e un’incredibile intensità.
Trailer della serie:
Miglior Episodio – Episodio 2
Ripercorrendo gli anni della sua infanzia Zero si rende conto di quanto abbia influito su di lui il peso di dover essere sempre all’altezza delle aspettative altrui, a partire da quelle della sua insegnante. Un peso talmente grande che ancora porta sulle spalle, ricordando di quanto impegno ci mettesse nelle cose solo per non deludere gli altri. Ma la sua amica Sara, in un impeto di saggezza che riporta tutto nella giusta dimensione, cerca di spiegargli tramite la toccante teoria dei “fili d’erba”, che in realtà non siamo al centro dell’universo e non tutto dipende da quello che facciamo e da come lo facciamo, regalando al nostro protagonista una sorta di epifania e un momento altamente liberatorio che si riproporrà poi nell’ultimo episodio, riportando il nostro Zero ad una realtà in cui è giusto ovviamente preoccuparsi degli altri e avere empatia, ma in cui al tempo stesso siamo tutti, appunto, dei “fili d’erba” in un enorme prato. Una metafora molto semplice ma al tempo stesso molto commovente che descrive alla perfezione tutta l’anima di questo prodotto che riesce a metterci a nudo con leggerezza e delicatezza.
ALESSANDRA CAVISI