Come molti lettori ormai sapranno, sabato 23 aprile si inaugura l’innovativo programma radiofonico Controcorrente LIVE, condotto dalla nostra Doriana Tozzi e di cui siamo quindi felicemente media-partner. Il primo autore che interverrà ai microfoni con Doriana, presso il Ninetythree Lounge Bar sul lungomare di Margherita di Savoia e sulle frequenze di Radio Contatto, è Luca D’Ambrosio di Musicletter.it, autore di Musica migrante – Dall’Africa all’Italia passando per il Mediterraneo (edito da Arcana Edizioni), di cui potete rileggere la nostra recensione cliccando sul titolo del libro.
Per approfondire e per incuriosirvi un po’ di più su quello di cui si parlerà durante la presentazione di sabato, abbiamo fatto qualche domanda all’autore.
Ciao Luca, partiamo dal principio: qual è stata la scintilla che ha fatto scattare in te la voglia di scrivere questo libro?
È iniziato tutto su una spiaggia di Procida dopo aver incontrato un lavoratore stagionale del Burkina Faso. Ricordo che stava sistemando sdraio e ombrelloni e, nel frattempo, ascoltava musica attraverso degli auricolari collegati a uno smartphone. In quel preciso momento mi sono chiesto: “Chissà cosa sta ascoltando. Chissà come e perché è arrivato in Italia”. Da quel momento il libro ha iniziato a prendere forma.
Nella prima parte del volume hai incontrato e intervistato giovani migranti provenienti da diverse zone dell’Africa. Qual è stato l’obiettivo che ritieni di aver pienamente raggiunto attraverso questi incontri?
Il mio unico obiettivo era quello di arricchirmi culturalmente ed emotivamente attraverso le storie di questi straordinari giovani. E credo di esserci riuscito.
C’è stato qualcosa di particolarmente inaspettato che hai vissuto durante questi incontri con i ragazzi africani? Cosa ti è rimasto particolarmente nel cuore?
Ogni incontro mi ha lasciato qualcosa di inaspettato, anche quelli che per un motivo o per un altro non sono riuscito a portare a termine. Spesso bastava uno sguardo per comprendere tutta la loro sofferenza e voglia di riscatto. Cosa mi è rimasto particolarmente nel cuore? Il coraggio di non arrendersi e di sognare una vita migliore.
Il tuo libro parla fondamentalmente di musica ma inevitabilmente ci si trova di fronte a realtà sociali e politiche molto diverse dalla nostra. Quanto e in che modo secondo la tua esperienza la musica si interseca con la quotidianità vissuta dall’altra parte del Mediterraneo? E quanto contribuisce ad avvicinare i popoli?
La musica è un linguaggio universale e si presta facilmente a fusioni e contaminazioni. Dunque, la musica unisce le persone e avvicina i popoli.
Spesso si utilizza l’aggettivo “africano” in senso generale, ma l’Africa è un continente enorme, ricco di usi e costumi affatto identici tra loro, per cui, anche musicalmente, parlare di “musica africana” è vago come parlare di “musica occidentale” o “musica orientale”, tutte definizioni che in realtà racchiudono infiniti panorami musicali. Tu ti senti più affine a un genere musicale tra i tanti nati nel continente nero? Quali sono gli artisti che preferisci e quali magari non conoscevi prima di scrivere questo libro e ora sono parte dei tuoi ascolti?
Parlare di “musica africana” non è sbagliato, anche se la definizione è abbastanza vaga, poiché fa riferimento a un territorio geograficamente e culturalmente vasto, eterogeneo e complesso quale, appunto, l’Africa. C’è da dire, tuttavia, che il concetto mette in evidenza, soprattutto nel suo contesto popolare, il carattere sociale e spirituale che pervade le tante “musiche africane”. D’altronde in Africa la musica tradizionale è legata a ogni aspetto della vita quotidiana. Per quanto riguarda invece la seconda parte della domanda, devo ammettere che mi piacciono molti generi musicali (rumba congolese, gnawa, high life, afrobeat, tishoumaren, zamrock…) così come sono tanti gli artisti africani che adoro (E.T. Mensah, Ebo Taylor, Fela Kuti, Miriam Makeba, Angélique Kidjo…). Scrivendo questo libro mi si è aperto un mondo di cui conoscevo solo una minima parte.
Nella seconda parte del volume ti soffermi a spiegare un po’ meglio le differenze tra la musica dell’Africa settentrionale e quella dell’Africa subsahariana, nonché tra i vari strumenti, generi musicali e artisti del passato e del presente che rendono la “musica africana” un universo vastissimo. Come e dove hai raccolto tutto il materiale?
Parlando con i migranti africani, comprando libri, spulciando nella mia biblioteca e sul web.
Dopo tutti i tuoi approfondimenti, secondo te qual è la principale differenza tra il modo di vivere la musica in Africa e quello che viviamo in Europa e cosa invece eventualmente ci accomuna tra popoli diversi?
Non è facile rispondere a questa domanda, soprattutto in poche battute. Dal mio punto di vista personale, posso dirti che ora come ora, con la globalizzazione e Internet, ovunque la musica pop contemporanea viene realizzata e vissuta più o meno allo stesso modo. Dal punto di vista strettamente storico e tradizionale, invece, in Africa la musica è vissuta, quasi sempre, come un’esperienza totalizzante e di scambio e non come semplice ascolto passivo. Insomma, nella cultura antica e popolare, non vi è una netta separazione tra chi esegue e chi ascolta, ma un approccio di complicità e condivisione. Come dire: la musica è vita, e viceversa. La vita è musica.
La domanda precedente mirava a fartene un’altra più specifica, su un argomento a cui hai anche accennato all’inizio: cosa ne pensi della contaminazione, che da sempre avviene tra musiche di diversa provenienza dando spesso vita a generi e stili del tutto nuovi?
Nella sua accezione positiva, penso che la musica sia sempre “contaminazione” e più in generale scambio culturale. Credo di averlo già detto o scritto da qualche parte. Piaccia o non piaccia, la contaminazione è vitale per il futuro della musica, anche quando sembra produrre generi, stili e tendenze estremamente derivativi se non addirittura “revivalisti”.
C’è un luogo comune legato alla musica “africana” o all’Africa in generale che pensi si possa definitivamente cancellare leggendo il tuo libro?
Che la “musica africana” sia il solito tam-tam, come qualche stolto leone da tastiera ha scritto sui social, senza rendersi conto che gran parte di ciò che ascolta oggi viene dall’Africa. Del resto, se l’Africa è la culla dell’umanità è altrettanto vero che è la madre di tutte le musiche.
A chi si rivolge principalmente il tuo libro?
Alle persone curiose, come me. Perché la curiosità stimola la conoscenza e può renderci migliori, almeno spero.
ELIDE FERRARI