Spesso si tende a sottovalutare la portata letteraria intrinseca del racconto e il romanzo breve, chissà perché, al lettore incallito sa sempre un po’ di romanzo da spiaggia. Niente di più lontano dal vero: un autore che si rispetti è, infatti, fondamentalmente un autore che sa mettersi alla prova anche con un’opera minima, che sia sintesi e concentrato di tutta la grazia poetica che illumina.
Questa è la ragione per cui il Pilastro della Terra che vi presentiamo questo mese non è un unico grande libro, bensì i racconti di un unico grande autore: Ernst Theodor Amadeus Hoffmann.
Nato nel 1776, E.T.A. Hoffmann incarna il lato oscuro del Romanticismo: i suoi racconti sono narrazioni fantastiche, infarcite di realtà. Gli elementi che li caratterizzano sono un’attenzione alla psiche, i risvolti tetri dei comportamenti dei personaggi e il loro aspetto a metà tra l’onirico e l’orrido. Vi è, in questi racconti, uno slancio eccezionale per tutto ciò che riguarda pratiche occulte e misticismo, come ad esempio mesmerizzazioni o forme varie di ipnosi. L’obiettivo è quello di catturare il lettore puntando alla sua parte più delicata, la percezione del sé.
Questo esercizio, tipicamente romantico, è svolto in funzione della celebrazione del sentimento: i racconti di Hoffmann, che oggi definiremmo noir o horror, screditano il raziocinio e risvegliano emozioni sinistre, che di per sé non hanno una logica, eppure sono presenti nel nostro animo.
Non è un caso che Poe si sia ispirato in larga parte ai racconti di Hoffmann.
Il racconto diventa così una potentissima vittoria dell’autore sulla razionalità imperante del lettore e, quindi della società. Una razionalità che, come si dimostra, è fragile e tende ad irrigidirsi quando viene messa alla prova.
Il racconto di Hoffmann è la prova che noi uomini siamo fatti di sentimento e che spesso tentenniamo di fronte a ciò che, nella vita, non sappiamo spiegarci.
VITO PUGLIESE