Il pilastro di questo mese è dedicato ad una delle più note raccolte di racconti, che avrete certamente letto o come minimo ne avrete comunque sentito parlare. La raccolta in questione spesso viene pubblicata col solo titolo di Racconti, forse perché quando l’autore ha un nome così altisonante, non c’è bisogno di attirare l’attenzione con titoli psichedelici o bizzarri. L’autore in questione, infatti, è Edgar Allan Poe.
Maestro dell’orrore, padre del thriller psicologico e precursore di quel gusto totalmente decadente per l’orrido e per il misterioso, Poe ha prodotto, durante la sua turbolenta vita, un numero sconcertante di racconti, destinati a segnare la storia della letteratura e a rimanere impressi nella mente dei lettori.
Lo stesso Poe, così come i suoi racconti, ha vissuto una vita non esattamente lineare: facile all’uso di sostanze stupefacenti e di alcool, egli per tutta la sua esistenza si dedicò alla scrittura, che doveva avere “un significato nascosto sotto una patina superficiale”, cioè doveva metaforicamente celare messaggi di immane importanza per l’umanità, senza renderli ovvi, banali, scontati, lapalissiani.
Sposò sua cugina, appena tredicenne, la quale morì a soli vent’anni, dopo sette anni di matrimonio. Questo fatto turbò l’autore, segnandolo profondamente. Egli cominciò a bere sempre più e questa di fatto fu la causa della sua morte, il 7 Ottobre del 1849. Una morte, quella di Poe, su cui aleggiano tanti misteri: non si sa a cosa sia biologicamente dovuta, né si sa se si trattò di suicidio o di omicidio.
I racconti di Poe sono rimasti un’opera la cui eredità non è di certo passata inosservata tra gli autori della seconda metà dell’800. Argomenti oscuri come il mesmerismo, l’occulto, la cosmologia e l’esoterismo sono pietre miliari della sua raccolta. Merita particolare attenzione la crittografia: la pratica di occultare messaggi, che è stata oggetto di studio da parte di Poe e che spesso nelle sue storie ha un ruolo centrale. Nascondere, occultare, celare sono esercizi di stile di questo letterato, il quale non indugia a mettere alla prova chi legge, instaurando con il lettore un gioco di ruolo, in cui l’autore disegna il contorno e il lettore diventa pedina inconsapevole.
Tutto ciò testimonia quanto l’arte possa essere ingannevole e misteriosamente terrificante, perché in fondo la letteratura è questo: il non luogo in cui si creano mondi paralleli e ideali, che sono rifugi eterei destinati a svanire. Alcuni di questi mondi, però, sono da sogno, mentre altri… da incubo.
VITO PUGLIESE