Il pilastro di questo mese non è l’opera più nota di un autore che, invece, è puntualmente preceduto dalla sua fama. Si tratta di Ugo Foscolo e della sua ode in settenari A Luigia Pallavicini caduta da cavallo di cui troppo poco si parla e a cui quindi vogliamo tentar di ridare il giusto lustro inserendola tra i “Pilastri” che sorreggono la “Terra”.
Soprattutto è opportuno dedicare il pilastro di questo mese ad un tema che soltanto oggi, purtroppo, riscuote molto clamore mediatico e ha puntato l’occhio di bue giornalistico su un fenomeno che troppo a lungo era rimasto nell’ ombra: la conquista dei diritti delle donne e le difficoltà causate dagli uomini retrogradi. Luigia Ferrari Pallavicini era una bellissima nobildonna, che, cavalcando, cadde deturpandosi il volto irrimediabilmente. Foscolo, coerentemente con la sua vocazione neoclassica, invoca gli amori, figure mitologiche alate e minuscole, responsabili degli innamoramenti e legati ad Apollo, affinché essi possano intercedere per lei presso il dio della poesia, del sole e dell’alloro.
La caduta, benché storicamente accaduta, nel componimento foscoliano gode di una teatralità insolita, frutto senz’altro dello sconfinato amore del poeta per un lirismo esagerato, che risente della magnificenza delle opere antiche e riesce ad elevare la poesia come, appunto, accadeva per i poeti dell’Ellade. Alcune fonti riportano che, a seguito della caduta la donna fu costretta a portare un velo e a condurre una vita riservatissima, proprio per non mostrare il volto rovinato irrimediabilmente.
Suggestivo all’ennesima potenza è il paragone che il poeta fa, richiamando la figura di Diana, che dopo una caduta sull’Etna, torna a festeggiare con le altre dee più bella di prima. Tale confronto è sicuramente un auspicio da parte di Foscolo, il quale, però, non manca di rammaricarsi di quanto sia stato inopportuno che la donna si sia sempre dedicata invece che ad attività tranquille, femminili per l’appunto, ad attività energiche come l’equitazione, forse più adatte ad un uomo.
Le conquiste delle donne sono spesso passate per strade tortuose fatte di umiliazioni e rivendicazioni. La donna è sempre stata vista, da chi le vuol male, come una creatura da proteggere, inadatta al fare. Sicuramente Foscolo si colloca in un periodo in cui di femminismo nemmeno si parlava (sarebbe arrivato tutto più tardi, più di un secolo dopo), ma è giusto rimarcare quanto antica sia la discriminazione nei confronti di chi, invece, è sempre riuscito a fare qualsiasi cosa, dai lavori pesanti ai lavori intellettuali, dalle miniere agli scranni di un Parlamento:, le donne si sono sempre distinte e si sono sempre dimostrate una spanna al di sopra di coloro che le hanno volute vedere sempre piccole, belle, dolci, docili e nullafacenti.
L’odio misogino che caratterizza spesso ancora oggi la nostra società, e che ora come una ferita purulenta viene fuori, ha radici ataviche. Ovviamente quando non si può più segregare qualcuno, prima lo si deride, poi lo si teme e alla fine lo si uccide. Tutto questo non fa altro che penalizzare il genere maschile, che rimane così terribilmente indietro rispetto all’evoluzione. Persino nella società occidentale, che si fregia di essere il baluardo del progressismo, tutti gli omucoli che si scandalizzano per un niqab sono probabilmente gli stessi che si fanno servire il piatto a tavola ogni giorno. Viviamo in questa contraddizione, noi uomini. Viviamo come se fossimo il sesso forte agendo invece come il sesso più impaurito (in natura gli animali più aggressivi sono sempre quelli che hanno più paura). La nostra debolezza sta inoltre nell’esser prigionieri di una perversa voglia di possesso, che è al tempo stesso puerile e ridicola, oltre che pericolosa.
La donna, quella che ha scelto di non chiedere i suoi diritti ma di pretenderli da padri, fratelli e mariti dotati di bicipiti di ferro e cervelli di cartapesta, oggi può ancora e deve trovare la sua vittoria. Nel ventunesimo secolo è indispensabile.
Non si sa se Luigia Ferrari Pallavicini, dopo la sua caduta, abbia continuato a cavalcare, ma se lo ha fatto, ha vinto, così come possono vincere tutte le donne che metaforicamente possono ancora cavalcare sulle ali della loro libertà.
VITO PUGLIESE