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Sobrio o ubriaco? Asia Giulia Quarta e il gioco del teatro che smaschera la vita

sobriooubriaco2asia2Non passa inosservata l’energia travolgente di Asia Giulia Quarta, attrice, cantante e videomaker classe 1998 che ci ha conquistato al primo incontro, avvenuto in occasione della prima del suo spettacolo Sobrio o ubriaco?, scritto insieme a Kevin Magrì nonché diretto da Serena Masullo con l’aiuto regia di Elena Biagetti e portato in scena al Teatro Garbatella di Roma per la prima edizione della rassegna teatrale Puck – Nuove Proposte Teatrali, supervisionata dal Laboratorio di Arti Sceniche di Massimiliano Bruno. Asia è anche protagonista della pièce insieme allo stesso Kevin Magrì e a Lucia Torre per cui abbiamo approfittato per parlare con lei sia del testo (frizzante e decisamente contemporaneo) e sia del mondo del teatro in cui abilmente si muove già da qualche anno.

Ciao Asia, prima di tutto complimenti per questo bel testo che hai portato in scena. Mi incuriosisce sapere quando e come si sono incrociate la tua strada e quella del teatro, vuoi raccontarci quello che è stato il tuo percorso in questa meravigliosa arte?

Il percorso è iniziato presto perché ho sempre studiato teatro da quando sono piccola, è un’arte che mi ha sempre affascinata. Crescendo ovviamente ho allargato la sua ramificazione studiando anche canto, danza fino a cimentarmi nel doppiaggio. L’incoronazione c’è stata quando sono stata ammessa alla STM-Scuola del Teatro Musicale poco dopo essermi diplomata alle superiori, dove dopo tre anni mi è stato rilasciato il Diploma Accademico di I livello in Recitazione.

Qual è stata, fino a oggi, l’esperienza più importante o l’incontro più illuminante per te?

Per ora l’incontro che più mi porto nel cuore è stata una masterclass fatta anni fa con il maestro Sergio Rubini. È stata la prima volta in cui, oltre alla recitazione, ho avuto l’opportunità di scrivere qualcosa per poi metterlo brevemente in scena. Di solito i miei monologhi o i miei testi restavano chiusi nella cartella del mio computer o sulle pagine dei diari, mentre penso che lui sia stata la prima persona a cui abbia fatto leggere qualcosa di mio e che l’abbia apprezzata. Avevo 16 o 17 anni, è stato davvero determinante, soprattutto per il percorso di vita che sto facendo adesso. sobriooubriaco1

Come dicevamo prima, hai da poco portato in scena a Roma Sobrio o ubriaco?, uno spettacolo dal tema molto attuale che hai scritto insieme a Kevin Magrì. Il testo, vivace e brillante, fondamentalmente smaschera l’umana abitudine di mentire nonché il dualismo che spesso caratterizza ciascuno di noi, tra ciò che siamo e ciò che vogliamo far credere di essere. Sveliamo qualcosina in più sulla trama?

La trama, apparentemente, è molto semplice: Samantha sta per sposarsi ma ha dei forti ripensamenti, ed in preda all’ansia comincia a fumare ininterrottamente, tenendosi lontana dall’alcool, che forse ama di più del suo quasi marito. Erika, damigella e migliore amica, interviene cercando di calmarla, seguita da Enea, testimone e migliore amico. Tra Enea e Samantha c’è un legame molto forte che li unisce, come fossero fratello e sorella. Erika, infatti, è molto gelosa del loro rapporto, ed in aggiunta, sia Erika che Enea non si sopportano. Mentre cercano di tenere Samantha lontana dal vino, lei spiega ai due che tutti i suoi ripensamenti sono dovuti all’essere cresciuta in una famiglia fatta di continui matrimoni e divorzi, e teme di poter diventare esattamente come sua madre. Per alleggerire il clima, Samantha propone di fare un gioco, chiamato appunto Sobrio o Ubriaco, una specie di Obbligo o Verità in cui però, in entrambi i casi, chi gioca deve confessare qualcosa. Tra Erika ed Enea, quindi, si scatena una guerra: Enea conosce un terribile segreto su Erika che potrebbe porre fine alla sua amicizia con Samantha, ma anche Erika ne scopre uno su Enea, e così i due devono fare in modo di rimanere in silenzio per non rovinare il matrimonio.

Qual è stata la scintilla che vi ha fatto venire in mente di costruire una storia come questa, divertente e in un certo qual modo tragica al tempo stesso, che ruota intorno a personaggi decisamente emblematici?

Io dico sempre che il mio pensiero iniziale è stato: “Quanto sarebbe bello fare uno spettacolo dove per tutto il tempo indosso un abito da sposa!”, e a quanto pare volevo indossarlo così tanto che in una settimana ho scritto l’intero spettacolo.  Ma bando agli scherzi, la scintilla è nata grazie ai miei due migliori amici (Kevin Magrì, appunto, e Rachele) che sono stati l’ispirazione che mi ha permesso di dare vita a quelli che poi sono i migliori amici di Samantha, il mio personaggio. Inizialmente volevo raccontare la nostra amicizia, poi diciamo che la fantasia si è sbizzarrita dando vita a dinamiche che sì, sono inventate (tra di noi), ma non così tanto, poiché in quello che scrivo attingo molto dal mio vissuto e a cose personali che mi riguardano.

sobriooubriaco2asiaPersonalmente ho trovato Samantha, il tuo personaggio, una ragazza disperatamente romantica, un’idealista aggrappata a una realtà che spesso non combacia con quella del mondo esterno. Pur mostrando un lieve cinismo di facciata, Samantha è perciò un personaggio fragile che preferisce, come si suol dire, “aggrapparsi alla bottiglia” pur di continuare a vivere nella propria illusione anziché affrontare la realtà. Almeno questo è quello che ci ho visto io…

Samantha è un uragano di emozioni. Anzi, come le si addice: un cocktail. È un insieme di ansie, paure, insicurezze e fragilità che sono troppo forti da poter controllare, e lei stessa ha paura di quelle emozioni. Non vuole starci dentro e cerca di sviare quello che sente, appunto, svagandosi con gli amici, bevendo, è l’anima della festa insomma. Lei pensa di essere completa grazie ai suoi due migliori amici, ma in realtà è estremamente sola, e sa di esserlo. E quando si ritroverà a dover attraversare l’altare non ci sarà nessuno pronto a capirla davvero, ed è lì che dovrà rassegnarsi a quella solitudine.

Infatti i coprotagonisti sono, come dicevi prima, i migliori amici di Samantha, ovvero Erika, interpretata da Lucia Torre, ed Enea, interpretato da Kevin Magrì. All’inizio sembrano più di una “spalla” per lei, con Erika che è quasi la voce della sua coscienza contro l’incoscienza del vizio, ed Enea che è quasi il suo alter ego, l’amico d’infanzia che la conosce meglio di tutti gli altri. Nell’evoluzione della trama, invece, si scoprirà che entrambi non sono privi di segreti inconfessabili. Quanto questi segreti contribuiscono a rendere Samantha quello che è? E, più in generale, dove può condurre, in scena come nella vita, questo continuo mescolarsi di verità e menzogna?

Questi segreti, anzi, un segreto in particolare che riguarda uno dei due (no spoiler!), è proprio la forza che la caratterizza. Samantha non architetta il gioco Sobrio o Ubriaco a caso, lei sa cosa vuole sapere, è molto macchiavellica. Sarebbe troppo facile dire all’interessat* “so cosa hai fatto”. Certo, il gioco ad un certo punto sfugge di mano, ma il suo fine non è mai sadico, anzi è il voler aiutare l’altr* a dire la verità, senza costringere nessuno con la forza. Anche perché, se così fosse, il clima fra i tre sarebbe tutt’altro che scherzi, battute e frecciatine.

Nella vita, parlo per mia personale esperienza, queste maschere ad un certo punto cadono. Si frantumano in mille pezzi. Arrivi in un punto cieco veramente fra la vita e la morte, come ad esempio scegliere di dire “Ti amo” a quella persona o continuare a fare finta che siate solo amici. Dipende dalla posta in gioco e se si è abbastanza coraggiosi da volerla affrontare. C’è anche questo in quello che ho scritto, e infatti è la parte che più mi tocca in assoluto. sobriooubriaco3

A condurre la protagonista verso le scoperte che ribalteranno tante certezze, sue ma anche degli altri, c’è appunto il gioco che dà il titolo alla pièce. Si può dire, quindi, che senza “giocare”, ossia senza “mettersi in gioco”, l’umano resta sempre barricato dietro le proprie bugie?

Assolutamente. Come già detto, le maschere prima o poi si rompono e diciamo che delle volte ci può essere chi sceglie al posto tuo. Le bugie, in buona o in cattiva fede, ci fortificano e fanno parte dell’essere umano. Altrimenti il mondo sarebbe perfetto, e sai che noia poi.

Concordo. Invece parliamo del tuo incontro artistico con la regista Serena Masullo e con l’aiuto regista Elena Biagetti. Com’è nata la vostra collaborazione?

Totalmente a caso! Serena è molto amica di Lucia (Torre) ed Elena è molto amica di Serena. Quando Lucia mi ha suggerito l’aiuto di Serena sono impazzita, perché già solo dopo una prova insieme mi ero completamente innamorata delle sue idee e del suo modo di lavorare. Stessa cosa è stata quando è subentrata Elena in aiuto a Serena. Lavorare con loro è stato davvero stimolante, poiché non ci hanno mai messo freno alla creatività e alle nostre proposte, al contrario ci spronavano sempre ad essere generosi, sia con noi che con personaggi. Sono delle persone davvero speciali, ci tengono che ci sia fiducia reciproca fra tutti e devo molto a quello che hanno dato a me, sì, ma soprattutto allo spettacolo. Ci siamo già dette che questo sarà solo l’inizio di una lunga serie di collaborazioni.

Ecco, stavo per chiederti proprio questo. Dopo le prime date che avete realizzato con successo al Teatro Garbatella porterete questo spettacolo anche altrove?

Sicuramente, ci stiamo già lavorando e non vediamo l’ora di poterlo ufficializzare.

Benissimo, allora tienici aggiornati. Per chiudere, mi piacerebbe parlare un po’ del teatro in generale, perché a mio avviso il ruolo del teatro, come dell’arte in genere, è molto cambiato negli ultimi anni. Che ne pensi? E soprattutto cosa rappresenta oggi il teatro per le nuove generazioni?

Approcciarsi alle nuove generazioni è sempre più difficile, poiché nelle scuole è sempre un argomento o una materia che viene tralasciata. Molti pensano che sia inaccessibile o noioso, si pensa sempre che si parli un linguaggio aulico e complicato e che gli unici riferimenti siano Shakespeare o Pirandello (per citarne alcuni). Io personalmente lotto per portare il mio apporto artistico proprio perché vorrei riuscire ad approcciarmi a tutti, è il motivo per cui scrivo in modo molto “naturale”, quasi sporco delle volte. Voglio che si percepisca il più reale possibile dalle parole che si usano, così che uno possa immedesimarsi subito. In questo modo è anche più facile empatizzare con i personaggi e le vicende che accadono.

Al mondo d’oggi è sicuramente difficile catturare l’attenzione dei giovani, siamo abituati ai social, alle mode e ai trend che durano poco più di un mese, di contenuti che mettono alla prova la nostra soglia dell’attenzione e che, se non ci catturano in 10 secondi, ignoriamo. Le nuove generazioni sono sicuramente una bella sfida, ma sono pronta a metterle alla prova.

Allora ti auguriamo tutto il meglio per questa tua nobile sfida. Ad maiora.

Alla prossima.

DORIANA TOZZI

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