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Intervista a Edoardo Boccanfuso, il pittore che sa trovare il bello nelle imperfezioni

boccanfusofotoofficialEdoardo Boccanfuso, classe 1991, è un artista visivo dall’occhio vigile e dal tratto ribelle. Pugliese di origine, dal 2016 vive e lavora a Lione, insegnando “Rappresentazione dell’essere umano” all’Accademia di Belle Arti “Bellecour”. Il caso ci ha fatto imbattere nelle sue opere, delle quali ci ha colpito immediatamente l’uso del colore ma soprattutto la capacità di cogliere le più intime sfumature del pensiero negli sguardi e nei gesti dei personaggi da lui raffigurati, per questo abbiamo voluto incontrarlo per conoscerlo meglio e farci raccontare l’evoluzione della sua arte, scoprendo, tra le altre cose, che non si limita all’arte visiva ma a volte “dipinge in note” accompagnando con la chitarra le sue liriche poetiche dal potente afflato cantautorale.

-Ciao Edoardo, partiamo dal principio: come ti sei avvicinato al mondo dell’arte?

Devo dire che l’approccio al disegno, alla materia pittorica, allo “sporcarmi le mani”, si è manifestato sin dalla tenera età, è stato sempre qualcosa di viscerale e ludico (come accade per tutti i bambini). Poi la cosa ha preso piede anche grazie all’intervento indiretto di mio fratello maggiore, Emanuele (fumettista di professione), che mentre praticava i suoi studi artistici mi stimolava a disegnare accanto a lui per farmi stare tranquillo. Non andava sempre bene però…boccanfusoritratto1web

-Come pittore e artista visivo a 360° operi in diversi campi e generi, dalla ritrattistica alle illustrazioni passando per i nudi, ma in generale la tua ricerca sembra focalizzata principalmente sull’essere umano, che ami cogliere in momenti intimi e privati ma anche in situazioni, gesti o atti più quotidiani e universali. Quali sono i soggetti o i contesti che ti affascinano maggiormente?

Quando una decina d’anni fa decisi fermamente di voler intraprendere la carriera artistica dovevo capire e scegliere cosa rappresentare. Cosa svelare, quali elementi “vestire” e quali mettere “a nudo”. Ho sempre amato rappresentare i volti, le espressioni, i corpi, far percepire il sudore, la malattia, il sesso, la rabbia, le comprensibili incomprensioni di coppia ecc… Devo confessare che, nonostante tutto, ho ancora una rivoltante fiducia nell’essere umano. Non ho mai voluto mostrare cose eclatanti o indagare un immaginario sfocato, ma al contrario mi sono esposto alla rappresentazione della realtà e la mia realtà è sempre stata fatta di incontri, di quotidianità, di passioni e di noia. Perché dovrei rappresentare cose che non vedo o che non conosco? Non sarei coerente con la mia ricerca. Poi è normale che la mia resta una interpretazione della realtà e tanto mi basta per cogliere quello di cui ho bisogno. Ogni ritratto è una storia, per questo lavoro con i modelli.

-I tratti dei tuoi personaggi sembrano raccogliere in parte l’eredità di Egon Schiele e Oskar Kokoschka ma con un utilizzo del colore più moderno, a tratti aggressivo. Concordi con questo punto di vista?

Certamente la Secessione Viennese capitanata da Klimt e l’espressionismo austriaco di Schiele e Kokoschka fanno parte del mio bagaglio visivo/culturale e in qualche modo sono presenti nel mio linguaggio artistico perché assorbiti da tempo. Ovvio quindi che ci siano analogie con i soggetti scelti poiché anche loro indagavano apertamente le contraddizioni dell’essere umano con tutti i crismi e gli abissi dell’esistenza stessa, per cui direi che comunque concordo con il tuo punto di vista.

boccanfusonudo1web-Cosa c’è dietro la scelta delle scene e delle situazioni delineate dalle tue opere? Come avviene, cioè, la decisione di utilizzare una luce piuttosto che un’altra, una sequenza di colori piuttosto che un’altra, di riempire lo sfondo o lasciarlo bianco, etc…?

Come dicevo prima, dietro le mie opere c’è sempre la mia vita. Le situazioni presenti nella mia pittura non sono altro che il sunto di una quotidianità traballante: una litigata, un amore consumato in una stanza, l’insoddisfazione, l’appagamento, un dialogo silenzioso tramato da una o più persone che per un caso o per un altro hanno avuto la fortuna o la sfiga di “sguazzare” nella mia interpretazione della realtà.

Per quanto riguarda la scelta cromatica, la composizione, terminare il fondo o lasciarlo vergine sono assolutamente cose che prendono forma ed evolvono in corso d’opera.

-La tua biografia ci fa notare “come gli sguardi, le anatomie, le pose seducenti e languide si intersecano con le fantasie dei “tessuti d’autore” che sembrano mascherare o svelare i fantasmi più antichi dell’esistenza”. Qual è l’atteggiamento o il dettaglio umano che scatena maggiormente la tua fantasia e su cui poni generalmente la tua attenzione?

Sono innamorato delle imperfezioni, dei difetti fisici e caratteriali che vengono poi svelati o celati. L’importante è farlo con classe.boccanfusoritratto2web

-Quali sono i pittori che reputi di maggior peso per la tua arte e per la tua personale ispirazione?

Dell’espressionismo austriaco ne abbiamo parlato prima. L’artista che stimo di più per sintesi e lirismo estetico è senz’altro Amedeo Modigliani. Artisti che stimo per stile, ricerca e tecnica sono Renzo Vespignani, Ugo Attardi, Riccardo Mannelli, Bacon, Freud, Masaccio, Giacometti, Sironi… Ce ne son tanti…

-Attualmente vivi e insegni a Lione: cosa ti ha spinto a emigrare in Francia e quali differenze riscontri lì, naturalmente da un punto di vista artistico e di politiche di tutela, valorizzazione e salvaguardia dell’arte, rispetto a quanto avviene qui nel nostro belpaese?

Sì, vivo a Lione dalla primavera del 2016. Tutto è stato molto casuale e molto difficile all’inizio, come tutte le scelte azzardate. Avevo dei contatti che mi hanno aiutato a conoscere l’ambiente, la sensibilità francese e le gallerie d’arte in cui poi successivamente ho esposto. La Francia è un Paese che ancora pone una certa attenzione ai percorsi artistici delle persone (se valgono). Poi adoro il fatto che in Francia c’è un’attitudine meno formale e più pratica, è semplice: c’è l’artista, il gallerista/mercante, il collezionista e semplici inviti per il vernissage dell’expo. In Italia ci sono figure che ritengo meno valide per la riuscita di una mostra come ad esempio il curatore, il grafico, l’editor… ma lo sappiamo bene e la storia insegna che a noi italiani piace troppo parlare del “superfluo”…

Qui in Francia ho le gallerie e i collezionisti che sostengono il mio lavoro e l’accademia in cui insegno “Rappresentazione dell’essere umano”. In Italia ho la mia famiglia, qualche amico e debiti in qualche bar.

boccanfusonudo2web-La tua formazione è avvenuta prima nel liceo artistico della tua città, Taranto, e dopo all’accademia ACME di Milano. Per la tua esperienza, quanto e in che modo l’attuale proposta formativa italiana riesce ad essere esaustiva per un giovane talento artistico? Se potessi proporre qualcosa per migliorarla e svilupparla ulteriormente cosa consiglieresti?

Io proporrei meno burocrazia e più fatti. I fatti in un’accademia che si rispetti sono tradotti in laboratori, atelier, incontri con artisti, workshop e viaggi. Mi piacerebbe ritornare alle botteghe. Credo ci sarebbe più costanza e sostanza da parte di tutti i ruoli (professori e allievi). Ma sono un sognatore deluso e forse mi sbaglio…

-Oltre alla pittura ti dedichi anche alla musica. Quali sono le emozioni e le suggestioni che riesci a esprimere meglio con i colori e quali quelle che ti viene più spontaneo tradurre in note?

Io dico sempre che quando non ho voglia di dipingere con i colori cerco di farlo con le parole accompagnandomi con la chitarra. Sono coerente anche in questa ricerca. Almeno credo. Le mie canzoni sono dei quadri. Stessi soggetti, stesse situazioni, stessa persona, stessa vita.

-In questo periodo storico, già prima degli ulteriori ostacoli posti dal COVID19, lavorare nel mondo dell’arte e della cultura non è semplice, e la pandemia ancora dilagante lo rende oggi più che mai complicato. Come stai vivendo e affrontando tu questa emergenza e come ti prospetti l’immediato futuro, sia a livello personale che generale?

Posso rivelare che anche in questo periodo la mia ricerca artistica procede spedita. Ho mostre in programma organizzate con le dovute precauzioni. Forse l’unico neo è non aver tanti modelli a disposizione come l’abitudine vuole e quindi si tende a ricadere sulle stesse persone vicine, gli stessi volti (compreso il mio) ma va bene lo stesso. Non è la prima volta che siamo “arginati” da una pandemia. Molti artisti in passato sono morti della malattia del loro tempo: peste, malaria, febbre spagnola, sifilide, tubercolosi ecc… Piero Ciampi diceva: “La morte mi fa ridere, la vita no!”. Ecco, la mia vera paura non è quella di morire ma di non lasciare niente sulla faccia della terra. Per questo faccio l’artista.

DORIANA TOZZI

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