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Intervista a Eugenio Bennato (I Think Magazine – N.1)

ithinkluglio2009copertinaLa musica popolare ha un’anima pulsante che ancora oggi si mostra piena di vitalità, grazie soprattutto ad artisti che continuano a coltivarla e diffonderla con passione. Conosciuta in tutto il mondo per il suo ritmo travolgente e liberatorio e la sua tradizione intrisa di misteri e divertimento, anche la taranta pugliese è suonata e ballata da appassionati e cultori a livello internazionale, uscendo ampiamente dai confini regionali e locali in cui è nata. Come tutti sapete, di questo genere esistono diverse varianti. Già in Puglia abbiamo la versione salentina e quella garganica, ma legata a questo genere popolare è anche la tradizionale versione napoletana. Uno dei più grandi cultori di queste tradizioni musicali è Eugenio Bennato, che abbiamo avuto il piacere di incontrare in occasione di un suo concerto qui nella nostra Puglia e ne abbiamo approfittato per parlare con lui di questa musica che in qualche modo ci accomuna.

Caro Eugenio, oggi è qui per presentare il suo progetto più recente, Taranta Power. Vuole parlarcene?

Il progetto Taranta Power ha dato un affondo a quello che già era nell’aria da alcuni anni e che nel momento in cui ha preso vita ha trovato tempi maturi per potersi concretizzare e ramificare. Posso dire che è stato un progetto lungimirante, perché tutto il movimento della taranta riguarda la nuova generazione: in pratica questo progetto si riallaccia sempre alla tradizione ma si proietta poi verso qualcosa di nuovo. Se ci fate caso, oggi i gruppi che suonano la taranta sono paradossalmente più “moderni” rispetto ai gruppi che suonano musica rock.

Il Sud, soprattutto la Puglia, ha questa grande ricchezza grazie alla sopravvivenza di questi riti e di queste forme musicali, e con il mio progetto di Taranta Power spero che questo ricco patrimonio artistico e culturale possa essere più facilmente raccolto dalle nuove generazioni.

Infatti si nota subito che la gente, e soprattutto i giovani, stanno rispondendo attivamente agli stimoli del movimento di Taranta Power. C’è molta partecipazione. Quali sono secondo lei le situazioni in cui questo progetto sta trovando più facilmente riscontri?

Sì, l’adesione da parte dei ragazzi è straordinaria. Riscontri evidenti si possono trovare sicuramente in tutti i festival e le rassegne che oggi vengono dedicati a questa musica e che portano avanti gli stessi ideali di valorizzazione della tradizione, come facciamo con Taranta Power.

E secondo me questo è solo l’inizio. Le proposte di musica popolare italiana nel circuito internazionale stanno aumentando, restituendo all’Italia un ruolo primario nella world music e questo è merito proprio dell’attenzione che questi generi musicali prima di nicchia stanno avendo. eugeniobennatotarantapower

Secondo lei a cosa è dovuto questo ritrovato interesse per la tradizione?

Probabilmente lo stesso movimento di Taranta Power ha contribuito a stimolare le nuove generazioni, dando loro nuovi impulsi. Tuttavia c’è anche da dire che il giovane d’oggi comprende bene la necessità, all’interno di una civiltà globalizzata, di recuperare le proprie radici, in quanto è proprio questo che ci permette di comunicare con le realtà degli altri paesi.

Qual è il suo punto di vista sulla contaminazione nella musica popolare? Secondo lei è un processo creativo che rischia di snaturarla o, al contrario, la conduce verso una naturale evoluzione?

Io, anche ai tempi della scuola, sono sempre stato uno scugnizzo trasgressivo, per cui personalmente sono sempre dalla parte della trasgressione. Nel caso specifico, se noi oggi facessimo i canti popolari così come li facevano i nostri nonni saremmo patetici. La contaminazione è la vita e la vita è contaminazione, l’importante, nel caso della tarantella, è che faccia ballare. Se si riesce a mantenere quel beat ritmico che fa ballare, che crea la trance, crea quel coinvolgimento ipnotico, vuol dire che funziona.

Una musica vive se si trasforma, come tutte le altre cose, quindi se noi facessimo sempre le stesse pizziche – come purtroppo molti gruppi fanno! –, si perderebbe il senso stesso e la genuinità di questo tipo di musica.

Dobbiamo salutarla, ma non prima di averla ringraziata per aver condiviso con noi il suo pensiero.

Grazie a voi e in bocca al lupo per la vostra rivista.

DORIANA TOZZI

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