È tra i tasti bianchi e neri del pianoforte che scorre l’anima di Federica Fornabaio, pianista, compositrice e arrangiatrice, che è riuscita a ritagliarsi un posto da protagonista nella musica, che rappresenta una parte di se stessa, inscindibile dal suo ego. La Fornabaio torna sul mercato discografico con un album di inediti, Unpeaceful, che raccoglie, in immagini che viaggiano tra introspezione e suggestione, tutta la sua passione per la musa che l’ha traghettata verso traguardi inattesi.
Allieva di Ludovico Einaudi e Nicola Piovani, l’artista pugliese ha ottenuto riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale come compositrice di colonne sonore, sino a vantare ben due vittorie sanremesi come direttrice d’orchestra per gli allora esordienti Marco Carta e Arisa; la sua crescita artistica e personale inoltre è stata coronata dal dono più prezioso di tutti, quello del brano Asience, consegnatole dal mito giapponese Ryūichi Sakamoto e inserito nel suo nuovo album.
L’eclettismo e la compostezza sono le doti che nella Fornabaio si intersecano donandole una luce mistica e lieve, come quella dell’aurora boreale, protagonista del suo ultimo video, girato tra i ghiacciai dell’Islanda.
Scopriamo meglio questa straordinaria artista e il suo disco attraverso questa intervista “track by track”.
Unpeaceful. Suoni sospesi e incalzanti al tempo stesso, suoni che non danno pace e intrappolano, quasi ipnotizzano, negli archi. Qualcuno dice che la musica sia il tormento più bello di tutti: è la musica a non darti pace?
È proprio la musica, invece, a darmi quella finestra di pace che è fonte di ricerca costante nella quotidianità. Attraverso la scrittura orchestrale di questo brano, l’intrecciarsi delle voci degli archi e dei fiati con il pianoforte, cerco di esprimere un desiderio formale di compostezza e completezza il quale, però, non manca di essere costantemente attraversato da un’unica fonte di suono elettronico che tende quasi a spezzarne l’intercedere. È proprio questo suono che accompagna le altre linee melodiche a rappresentare la presenza costante, negli entusiasmi e nelle gioie di tutti i giorni, delle nostre paure. Vorremmo non averne, ma la verità è che fanno parte di noi, e non serve stigmatizzarle come qualcosa di avulso o negativo, basterebbe solo accettarle e farle diventare parte di ciò che siamo senza che acquistino il potere di spezzare la nostra armonia.
Camera a nord. Il tuo nord è stato anche l’amore per il jazz americano. I fiati di Camera a nord inducono a pensare proprio a quella tua verve per il jazz e lo swing: in questo album, così ricco di strumenti e suoni che accompagnano il protagonista, il pianoforte, trovano spazio questi generi?
Il jazz è un concetto molto vasto. Ciò che utilizzo nel mio lavoro tendo a chiamarla, piuttosto, armonia moderna. Non mi è mai piaciuto appartenere ad un genere specifico, ho sempre amato farmi contaminare da una serie di influenze: dal Nord America di inizio Novecento alla Russia di fine Ottocento, pur trovandomi nel mezzo di una consolidata tradizione europea dalle altrettante variegate specificità. La musica è un oceano immenso da cui farsi travolgere.
Asience. Un brano intimo e introspettivo in cui i fiati rimandano a locali un po’ annebbiati dal fumo di sigaretta, ma siamo in Giappone e il padre del brano, che cresce sino a camminare per conto proprio, è nientemeno che Ryūichi Sakamoto. Qual è stato il tuo rapporto con lui, quali le sensazioni di un dono simile? Sei consapevole di essere stata invitata ad entrare nell’Olimpo?
Sono consapevole di aver avuto la fortuna di esser stata presa per mano da una personalità geniale e fondamentale nella mia formazione, ma proprio questo ha scatenato un enorme senso di responsabilità in me per quello che mi sarei apprestata a fare: ritoccare delle note meravigliose e rischiare di trascendere il senso che è dietro alla scelta originale di ognuna di loro. Così ho scelto semplicemente di metterci me stessa, un po’ del mio Occidente, per renderla diversa il giusto. Credo di aver scelto uno dei brani più “femminili” del Maestro, delicato e intenso come pochi. Un vero privilegio.
Northern Lights. Bisognerebbe ascoltare questa composizione mentre si guarda l’aurora boreale, uno spettacolo naturale che tu hai avuto occasione di vedere. L’aurora boreale, infatti, è la protagonista del tuo ultimo videoclip. Una donna del sud che non si lascia ispirare dal sole, ma dall’aurora boreale probabilmente è un’immagine singolare e affascinante. Raccontaci il tuo rapporto con questo evento naturale e come sei riuscita a metterlo in musica in questo brano.
Quel che in realtà è accaduto è esattamente il contrario. Ho immaginato di trovarmi davanti allo spettacolo più affascinante della natura e di descriverne i suoni e le sensazioni. Soltanto in seguito ne abbiamo realizzato un videoclip. Come si può facilmente intuire, assistere a questo gioco di luci a tratti inspiegabile genera un misticismo senza eguali, ha il potere di annebbiare la mente e far sognare ad occhi aperti. La realtà alla fine riesce sempre a superare la fantasia.
Romanza, ovvero l’amore e la dolcezza delle mani di una donna che sfiorano un pianoforte. Quando è iniziato il tuo amore per la musica strumentale e per il pianoforte?
Il mio amore per la musica nasce ancor prima che riesca a ricordarlo. Il pianoforte è stato lo strumento con il quale son riuscita a dare corpo alle note che desideravo ascoltare di continuo nel trascorrere delle mie giornate. All’età di cinque anni tentavo continuamente di animare quel piccolo rottame scordato che ammobiliava il salotto di casa. Poi negli anni son riuscita a conquistare la fiducia dei miei genitori che mi hanno regalato un pianoforte vero con il quale ho potuto finalmente cibarmi di tutto quel Romanticismo che ho riversato in questa composizione, Romanza, proprio a voler omaggiare quella parte della mia formazione che non ho mai voluto dimenticare.
First Gymnopedie è un riferimento alle Gymnopedies di Erik Satie per cui ci incuriosisce a questo punto sapere qual è stata la tua formazione musicale.
Ho intrapreso gli studi classici, ma con una predilezione particolare per il romanticismo di Chopin e l’impressionismo di Debussy, Satie e Fauré. Per me la sublimazione della delicatezza su tasti bianchi e neri.
La solitudine dell’uomo. Forse il brano più intimista dell’album, ma non l’unico, in cui le note del pianoforte sembrano salvare l’uomo dal pozzo in cui si ritrova a vagare. Essere intimisti nel proprio lavoro significa avere molto coraggio, quanto ne tiri fuori per comporre brani così introspettivi, attraverso i quali, probabilmente, è possibile guardarti dentro?
La prima nota di coraggio nasce dell’accettare di buttarsi in un’impresa in cui potresti “cadere e farti male”. Il non essere capiti rimane lì in agguato come una spada di Damocle, ma certe volte trascendere e non curarsene ci permette di prendere il rischio invece di esser compresi. In brani come questo ci metto un’immagine, una storia ben precisa, ma non è importante che chi mi ascolta la recepisca come me. È bellissimo sapere che c’è una precisa immagine per ciascuno, per ogni orecchio teso a voler vedere a occhi chiusi. È lo stimolo all’immaginazione che ritengo essere il più alto risultato da poter raggiungere. E questo senza dubbio implica un guardarsi dentro molto intenso. Per questo c’è chi dice che ascoltarmi talvolta non è semplice, perché non tutti son disposti a scrutarsi nel profondo dell’anima, a rischiare di non accettare ciò che vedono.
La bevitrice d’assenzio. La solitudine ingrigisce tutt’intorno e viene in mente quello che raffigurava Degas nell’omonima opera. Nel tuo brano il piano, con note lievi, accompagna fiati malinconici. Cos’è la solitudine nella musica? Essere una donna in un ambiente generalmente declinato al maschile ha avuto un qualche peso nel tuo percorso?
La solitudine è sempre solitudine, anche nella musica, ma la solitudine peggiore è quella che ci accompagna quando siamo circondati da tanta gente. È una domanda difficile questa a cui rispondere, perché si rischia con facilità di intravedere polemica o vittimismo, ma la verità è che certamente essere di genere femminile non facilita la percezione del tuo valore di musicista. C’è come qualcosa che frena la credibilità del tuo lavoro, delle tue capacità intuitive e creative. E ancor più difficile diventa poi farsi seguire nella realizzazione di un lavoro in cui si è al comando. È senza dubbio più complesso e ci vuole davvero tanto pelo sullo stomaco e resistenza agli urti per andare avanti e inseguire i propri obiettivi perché, come in tutto il resto della vita, ci sono un mare in tempesta di difficoltà, ma ci vien sempre data la possibilità di trovare persone amabili e senza pregiudizi pronte a combattere la tua battaglia. È a loro e alla forza che mi hanno sempre dato che devo la mia gratitudine.
L’ossessione del mare. Un trionfo di strumenti in cui i fiati riecheggiano l’immagine dei gabbiani che volano bassi sull’acqua. Quell’ossessione, però, sembra farsi placare da un pianoforte autorevole, ma non autoritario. Ti manca la quiete del nostro sud? Riesci a trovarla altrove?
La quiete del sud mi è mancata talmente tanto da essere tornata a viverci dopo 14 anni. È la quiete della pacatezza, del non affanno. È condizione essenziale per potersi continuamente fermare e mai smettere di interrogarsi. La presenza del mare amplifica i sensi, ma dobbiamo sempre essere capaci di ritrovarlo in noi stessi, in ogni momento, e non farci annientare dalla frenesia senza senso del vivere metropolitano.
Vento. Il vento ti ha già condotto a vincere il Festival di Sanremo come direttrice d’orchestra, ad ottenere apprezzamenti in ambito nazionale e internazionale e ora ti sta portando ai tuoi live. Cosa riservano le tue esibizioni dal vivo e dove vuoi ti porti il vento ancora?
Ci saranno dei concerti durante la stagione estiva, ma il vento è sempre vento e in quanto tale non si sa dove porterà. Voglio rimanere così, in balia del mio vento e non nutrire alcuna aspettativa. Ho già fatto quel che desideravo nel modo in cui speravo di farlo, quel che arriverà sarà comunque un dono.
Sito web: http://www.federicafornabaio.com/
Videoclip di Camera a nord: https://www.youtube.com/watch?v=kUtmfKSXbCc
COSIMO GIUSEPPE PASTORE