Paolo Merenda è un trasformista. In questi anni l’abbiamo conosciuto nelle vesti di musicista (Kompagni di Merenda, Madido Respiro, Deep Throat e Anno Senza Estate) e poi in quelle di scrittore punk. Come in un gioco di scatole cinesi, ecco che quest’ultima identità ne contiene un’altra, quella di autore per bambini. Questa volta dal cilindro il mago Paolo, per la gioia dei più piccoli, non ha tirato fuori il classico coniglio, ma un nuovo alias, quello di Paul Snack! E lui in carne e briciole ha risposto alle nostre domande sulla sua ultima fatica letteraria, Il magico videogame (recensito qui: https://www.ithinkmagazine.it/recensione-paul-snack-il-magico-videogame/).
Ciao Paolo, ci narri la storia di quel punk che a un certo punto s’è messo a scrivere storie per bambini?
Ciao a voi! Be’, sostanzialmente ho scoperto la narrativa per bimbi da adulto. Da bambino non amavo leggere, forse perché la lettura didattica non è sempre divertente… Fuori da scuola leggevo perlopiù fumetti. Dopodiché, in età della ragione, ho sviluppato un amore, quasi maniacale, per Dahl. Ho tutti i suoi libri, inclusi Gremlins in inglese (in italiano è praticamente impossibile trovarlo) e le sue ricette. Lo reputo il mio scrittore preferito anche per quanto riguarda la narrativa per adulti. Amo particolarmente i suoi racconti erotici (forse non tutti sanno che scrisse per Playboy).
È più bambino un punk o più punk un bambino?
Domanda marzulliana! Non saprei risponderti in realtà. Ho conosciuto molti punk che sono ancora bimbi dentro. Per esempio alcuni se ne vanno in giro per il mondo a suonare in case occupate, sovvenzionati da papà e non hanno mai avuto una occupazione fissa. Mentre il bambino è spesso punk a livello di incoscienza… Devo dire che molte “pazzie” che combinavo insieme agli amici, avrei ora paura a ripeterle: starsene nella campagna più sperduta a girovagare per intere giornate (col rischio di cadere in fossi o pozzi e di fare brutti incontri) prima che esistessero cellulari o gps per esempio, oppure camminare tranquillamente per binari ferroviari non recintati (stile Stand by me).
Ma gli adulti fanno veramente così schifo?
Non è che facciano schifo. Innanzitutto, come diceva Dahl, molti non hanno senso dell’umorismo. E diciamo che la maggior parte crescendo perde quel “potere creativo” di cui un bimbo vive. La vita a volte può essere difficile, ma se la prendiamo nella maniera giusta possiamo affrontare ogni difficoltà.
In passato non hai nascosto che anche l’ispirazione per la ricetta dello “Snack” proviene dalla produzione della rinomata Fabbrica di Cioccolata dell’illustrissimo Cav. Roald Dahl. Cosa ti ha colpito di più della sua opera, tanto da farti intraprendere questa nuova fase della tua carriera di scrittore?
Be’ in realtà La fabbrica di cioccolato è il suo successo più famoso, ma molti altri suoi libri mi hanno colpito, e forse anche di più. Come per esempio Il cigno (compreso nella raccolta Un gioco da ragazzi), un racconto sul bullismo scritto quando non esisteva ancora un reato del genere. Un brano tratto da questo racconto è finito in una mia canzone (Sono ciò che penso). Oppure Il dito magico, una storia che ora si potrebbe definire “animalista”. Quello che ha colpito me, come penso molti altri, è comunque lo humour del gigante (un misto fra macabro norvegese e inglese) e la sua capacità di dipingere la malvagità umana senza possibilità di redenzione. Ne Gli sporcelli, i due protagonisti finiranno praticamente sulla forca, come anche la perversa nonna in La magica medicina non potrà fare a meno di essere punita dal nipotino.
In più il maestro diceva che la regola per una buona storia è dettata dalle tre “esse”: the story, the story, the story. Da qui possiamo capire perché i tessuti narrativi dei suoi racconti fossero così intriganti. Non si lasciava andare semplicemente a “sollazzi” stilistici (e avrebbe potuto farlo), ma pensava principalmente a lasciare un segno nel tempo.
Leggendo la sua biografia ho scoperto che riscriveva le sue storie centinaia di volte. Non le considerava praticamente mai finite, come in effetti ogni autore dovrebbe fare. Fabbrica di cioccolato è forse il suo libro più immediato, perché è prevedibile che ogni bambino rappresenti un brutto vizio che lo porterà a perdere la competizione col povero Charlie. Però è molto bello il lato “visionario” di Dahl, come anche nel suo seguito Il grande ascensore di cristallo, che raggiunge picchi quasi fantascientifici (certo, sempre una fantascienza grottesca). Nel remake del film con Wonka, molti lo avranno notato, è stata aggiunta la storia del padre dentista, per “giustificare” la presunta malvagità del pazzo imprenditore. Ora si tende a giustificare tutto in una storia per bambini, mentre evidentemente al momento dell’uscita del romanzo nessuno si pose il problema.
Dahl per primo fu maltrattato da insegnanti di altre epoche che bastonavano gli alunni con canne di bambù… e sicuramente non si chiese il perché di quei gesti. Nel mio racconto infatti la faccenda del vizio del fumo, come caratteristica comune fra i “maligni”, è stata inserita dall’editor, ma è evidente che ci si debba adattare ai canoni attuali della narrativa per l’infanzia. Anche le illustrazioni dei libri di qualche decennio fa ora non sarebbero più adatte ai piccoli lettori, abituati a elaborazioni digitali e, dal canto mio, anche meno particolari.
Dal punto di vista tecnico come cambia il processo di scrittura quando si passa dalla narrativa per adulti a quella per ragazzi?
Cambia tutto: bisogna innanzitutto fare attenzione agli argomenti che si trattano e in quale maniera si trattano. Poi è necessario un linguaggio diverso, ma non semplicistico. Il bambino vuole sentirsi sempre un po’ più grande e vuole scoprire, per cui qualche termine viene apprezzato. Ovviamente la mia storia punta sul divertimento grottesco, ma non è difficile individuare una chiave di lettura più educativa. Da parte mia il processo di scrittura è stato lungo. Sono stato aiutato prima da diverse insegnanti elementari che, quando hanno pensato fosse il momento adatto, hanno letto in pubblico la mia storia. Dopodiché ho fatto ulteriormente editare il tutto da un’agenzia di editing specializzata in narrativa per l’infanzia. Loro hanno anche stabilito l’età di lettura e mi hanno aiutato ad impostare le illustrazioni della bravissima Claudia. Di sicuro è molto importante confrontarsi con i bambini direttamente, per avere un riscontro immediato. Loro poi sono sinceri e diretti nel giudizio, per cui non li si può prendere in giro.
Il tuo libro è stato pubblicato in formato cartaceo, credi che sia ancora il supporto migliore per invogliare alla lettura i ragazzini dell’era digitale?
Il mio editore ha provato con il digitale, ma non è mai andata molto bene. È un mercato ancora poco pronto in Italia. Certo, i bambini ora sono svegli, per cui a volte imparano prima dei loro genitori a maneggiare l’ultimo modello di iPad, comunque sia per ora non se ne fa nulla, anche perché il Foglio letterario è un editore underground e indipendente, senza scopo di lucro, che lavora principalmente in “prima linea”, ossia con le classiche bancarelle. E questo è il miglior modo di vendere per un piccolo editore: si ha un rapporto diretto con il lettore. Infatti alla bancarelle il libro sta andando molto bene.
Più in generale qual è lo stato di salute dell’editoria per ragazzi in Italia?
Questo è un argomento che dovrebbe trattare un agente letterario, o comunque un pezzo grosso dell’editoria. La mia poca esperienza si basa sull’aver constatato che, come nell’editoria per adulti, il mercato è “controllato” da pochi grandi editori che lavorano su commissione. Hanno già a disposizione una rosa di autori fidati e, a seconda delle tendenze del mercato, gli editori dettano regole e condizioni sul cosa e come scrivere. Poi, come per l’editoria per adulti, esistono una quantità infinita di editori che pubblicano dietro pagamento dell’autore (quella che gli americani chiamano Vanity Press). La nostra realtà (mia/del foglio letterario) sta nel mezzo, ed è più simile all’underground punk. Co-produzione, autodistribuzione etc… sono le caratteristiche del mio editore e, ribadisco, penso sia la soluzione migliore, perché le piccole realtà hanno poche speranze di finire in libreria, ora che le librerie sono perlopiù di catena. Allo stesso tempo l’autore è libero di esprimersi come meglio crede.
Dobbiamo aspettarci un seguito delle vicende narrate ne Il magico videogioco?
Direi di no, perché è una storia autoconclusiva e pure Dahl dimostra che il seguito di un libro a volte non è alla pari del suo predecessore. Il grande ascensore di cristallo è un libro che pochi conoscono, quasi dimenticato, eppure è il sequel della Fabbrica di cioccolato. La narrativa cosiddetta “seriale” invece è strutturata in maniera completamente differente e non mi interessa, anche perché non ho le stesse pretese “commerciali” di autori che lavorano in quel settore. La mia occupazione principale è un’altra, per cui scrivo per divertimento. Ho altre storie da parte, ma prima di pensare ad una pubblicazione voglio pensarci per bene.
Direi che è tutto, a te la conclusione di questo spuntino…
Vi ringrazio per aver speso tempo nell’ascoltare la musicaccia che produco e le storiacce che scrivo. Oltretutto tu, Giuseppe, hai perso altro tempo per recensire il tutto e, vista la marea di soldi che immagino ti renda questo mestiere (finisco di contare i soldi e ti rispondo, nda), è ancora più sentito il “grazie”.
GIUSEPPE F. CASSATELLA