Una location davvero speciale è riservata al Pozzuoli Jazz Festival, i cui concerti si svolgono da anni in un luogo magico, incantato, fiabesco, che sembra fuori dal mondo, tanto è particolare. Si tratta della Solfatara di Pozzuoli, un cratere vulcanico ancora attivo, dove, tra la rada vegetazione e pietre e polvere che potrebbero definirsi quasi lunari per il loro colore bianco/grigio e per la loro consistenza, si possono scorgere fumarole e fanghi ribollenti, che ci fanno sentire il… canto della terra.
A questo canto si mescola sapientemente la musica jazz e soul: da vari anni a questa parte, infatti, il Pozzuoli Jazz Festival – giunto alla sua sesta edizione – approda alla Solfatara, offrendo al pubblico occasioni di rara magia.
La manifestazione musicale è ormai una realtà consolidata del territorio non soltanto puteolano, ma Flegreo in generale; nata grazie all’entusiasmo, impegno e passione di Antimo Civero, presidente dell’Associazione Jazz and Conversation, si avvale di un numero sempre crescente di collaboratori appassionati, che danno vita al festival, il quale ha anche una sua prosecuzione invernale.
Domenica sera è andato in scena il giovane pianista e crooner Jarrod Lawson con i Soul Brothers. Numero uno nella classifica inglese per gli album soul e altrettanto in quella americana per il neo soul, Lawson ha ricevuto il premio del miglior album dell’anno 2014 e quelli del migliore artista e della migliore voce maschile del 2015.
Una timbrica eccezionale ed una vocalità molto estesa, paragonabile a quella di Stevie Wonder, sono i primi tratti distintivi dell’affascinante e giovane pianista, che esprime tutto il suo entusiasmo per la meravigliosa location che lo sta ospitando e che non manca di sottolineare, con altrettanta gioia e modestia, che si sente onorato di avere davanti a sé un pubblico folto ed attento, visto anche che in Italia non è ancora un musicista conosciuto.
I brani, per lo più di stampo soul elettrico, con talune sfumature fusion, si susseguono, tra strumentali di grande effetto, durante i quali Jarrod dà prova della sua grande versatilità al piano; efficacissimi i brani cantati, che strappano applausi e consensi agli spettatori presenti.
Al termine, Jarrod – dopo aver ricevuto in dono la Bomba della Pace, opera del maestro Raffaele Ariante, arrivata direttamente da Assisi – si offre, con un sorriso smagliante, al bagno di folla: vende personalmente i suoi cd e c’è anche una ricercata versione in vinile dell’album, molto apprezzata dai collezionisti e dagli estimatori.
Andando via a malincuore, non ci si può non girare per rimirare ancora una volta la Solfatara nella penombra, mentre il palco e gli strumenti vengono smontati ed il canto della terra torna padrone del suo spazio senza tempo.
DONATELLA DELLE CESE