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Passione TV (il cinema nel piccolo schermo) – 37 – Bojack Horseman

bojackhorsemanlocandinaBojack Horseman: la serie animata per adulti dolorosa e definitiva

Per chi mastica serie televisive in maniera consistente non è di certo una novità il fatto che esistano serie animate adulte e per adulti, che hanno risvolti profondi o intelligenti o rispondenti a criteri qualitativi di un certo spessore. Ma con Bojack Horseman, serie televisiva targata Netflix e composta per il momento da quattro stagioni, si è scritto indubbiamente un nuovo capitolo di questo genere televisivo. Perché mai prima d’ora abbiamo avuto una serie animata che fa ridere ma anche soffrire in maniera potente e preponderante. Una serie che riscrive il concetto di dramma, restituendoci, cosa che ha dello stupefacente visto che parliamo di un cartone animato, un realismo cocente e un’aderenza a sentimenti e situazioni vere quasi mai vista sul piccolo ma anche sul grande schermo.

Perché Bojack Horseman non è solo – e bisognerebbe mettere questo solo tra mille virgolette – la storia di un attore famoso negli anni ’90 per una serie tv di grandissimo successo ormai sul viale del tramonto e in cerca di un posto nel mondo (e sottolineamo che stiamo parlando di un cavallo antropomorfo). Bojack Horseman è soprattutto la storia di un uomo (un cavallo, anzi) che lotta disperatamente per farsi accettare, ma soprattutto per accettarsi (più e più volte la mente vola al mastodontico Don Draper di Mad Men e i paragoni non finiscono qui) e che altrettanto disperatamente si autodistrugge (circondandosi di persone e cose vacue e sfondandosi di droghe e alcol) perché incacape di correlarsi con le uniche persone che realmente hanno già accettato lui e tutte le sue problematiche irrisolte, tra le quali un difficilissimo ed emblematico rapporto con una madre anaffettiva e quasi malefica (i flashback relativi a questo personaggio sono una delle cose più strazianti viste nel piccolo schermo negli ultimi anni) e un’irrisolto e forse irrisolvibile dubbio circa l’esistenza o meno di un vero talento attoriale da parte sua, con conseguente dicotomica relazione tra una sfrenata ricerca di successo e affermazione e un conseguente fortissimo senso di colpa una volta ottenuti.

Basterebbe solo questo, insomma, a dare un’idea della profondità del personaggio e delle vicende che lo riguardano, ma fortunatamente Bojack Horseman ha diversi livelli di lettura e un’ampia gamma di toni, visto che non si tratta solo di un percorso particolare e poco ortodosso di autoanalisi compiuto, seppur inconsciamente, dal protagonista, nonché un sorta di lunga terapia per combattere la depressione (si rischia di farsi trascinare in questo cammino di sofferta autoanalisi ed è per questo che si è scelta la strada dell’animazione e si è data consistenza animale a quasi tutti i protagtonisti, perché altrimenti si sarebbe sfociati in un realismo ancora più potente e forse poco sopportabile dallo spettatore).

Bojack Horseman, infatti, è anche una lucidissima, sarcastica, beffarda, ironica, autoironica, spassosissima e divertentissima fotografia dello star system hollywoodiano, protagonista indiscusso di bojackhorsemanframe1tutte le situazioni principali e secondarie, con una serie di personaggi, battute, riferimenti, citazioni e storpiature che costituiscono l’altro lato della medaglia, quello intellettuale e non solo emozionale, della serie. Registi, sceneggiatori, produttori, agenti, autori, attoruncoli e attori da oscar boriosi e superficiali: è da queste pedine che è composto il mondo di Bojack Horseman e, stagione dopo stagione, ci immedesiamo sempre di più in questo cavallo, sboccato, poco generoso, maleducato, vanaglorioso, irriconoscente, politicamente scorretto, ma anche profondamente solo e dilaniato da un dolore recondito che sale sempre più in superficie e intacca la sua vita apparentemente scintillante.

Accanto a lui ci sono alcuni personaggi altrettanto straordinari che lo aiutano, consapevolmente o meno, a sondare la sua interiorità e la sua vita e lo portano ad una consapevolezza più matura di ciò che conta realmente. Ci sono Princess Carolyn, sua agente, nonché ex-compagna, nonché migliore amica (una gatta rosa); Todd, il migliore amico nullafacente e nullatenente che Bojack si è ritrovato sul suo divano dopo una notte di bagordi durante un festino nella sua lussuosa villa e che sul divano rimarrà per anni; Mr. Peanutbutter, una star televisiva come lui, ancora sulla cresta dell’onda, sempre col sorriso stampato sul volto e sempre pronto a mettersi a disposizione del prossimo, rasentando un infantilismo e un buonismo non indifferente (un cane giallo); Diane, la ghost writer che verrà assunta per scrivere la sua autobiografia, ragazza cinica e disillusa, sempre pronta a scavare nelle nefandezze più inaudite compiute dal cavallo. A doppiare questi personaggi ci sono, altra punta di diamante di questa serie, attori che donano ai protagonisti un’intensità sbalorditiva: Bojack è Will Arnett, Todd è Aaron Paul, Princess Carolyn è Amy Sedaris, Diane è Alison Brie.

bojackhorsemanframe2Ogni stagione di Bojack Horseman, inoltre, attraversa una fase e un momento particolare della vita del cavallo: la prima è quella della stesura della sua autobiografia, cosa che lo porterà a conoscere Diane e innamorarsene, per poi essere deluso dal matrimonio della ragazza con Mr. Peanutbutter, suo rivale in tutto e per tutto; la seconda è quella in cui si ritrova a girare un film in cui è protagonista assoluto e in cui interpreta Secretariat, un cavallo famosissimo; la terza è quella in cui concorre all’Oscar e quindi si ritrova a fare una vera e propria campagna in tal senso; la quarta è quella in cui, dopo una lunga assenza causata da una tragica morte che lo sonvolgerà enormemente, Bojack si ritrova ad interagire in maniera preponderante con la madre ormai in preda alla senilità e una ragazza che si presenta alla sua porta dichiarandosi sua figlia.

Ma raccontare o rendere l’idea di quello che Bojack Horseman rappresenta e trasmette (c’è una potente satira sociale, ma anche un’immensa empatia nei confronti di tutti i personaggi principali) non è per niente facile, perché solo guardandolo si ricevono ripetuti pugni allo stomaco e schiaffi in faccia e si entra a viva forza in questo mondo apparentemente fantastico, ma potentemente vivido.

Miglior episodio – 3×04 Un pesce fuor d’acqua (Fish Out Of Water)

Un’altra caratteristica preponderante di questa serie è lo sperimentalismo stilistico, affrontato soprattutto in alcuni episodi che virano in tal senso. Uno di questi è il quarto della terza stagione, episodio totalmente muto e totalmente ambientato sott’acqua. Il vero e proprio capolavoro nel capolavoro.

Nel mondo di Bojack Horseman (abitato da animali e umani che interagiscono tra di loro come se appartanessero alla stessa specie con un misto di usi e abitudini rese regolari e comunemente accettate) il fondale marino è un paese a se stante, dove pesci, crostacei e simili vivono e prosperano esattamente come gli abitanti del mondo soprastante.

Bojack deve recarvisi per il Pacific Ocean Film Festival in virtù della campagna per la corsa all’Oscar. Ma il mondo sotterraneo ha delle bojackhorsemanfishoutofwaterregole diverse per chi non è un pesce e quindi lui, così come tutti quelli accorsi dalla terraferma, per potervi soggiornare deve indossare una sorta di bolla di vetro che gli copre tutta la testa all’interno della quale è in grado di respirare, ma ovviamente non può parlare né interagire con nessuno se non scrivendo o gesticolando.

In questo episodio, completamente incentrato sugli aspetti visivi (trattati straordinariamente), Bojack, alla ricerca di una regista che era stata profondamente delusa da lui e dalla quale vuole farsi perdonare, si ritrova a vivere un’avventura particolarissima: deve cercare di restituire un cucciolo di cavalluccio marino accidentalmente rimasto con lui su un autobus.

Arrivare a destinazione non sarà facilissimo, ma Bojack con un senso di abnegazione inaudito e mai visto prima di questo momento, riuscirà nel suo intento.

ALESSANDRA CAVISI

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