Inside No. 9: l’ironia nera inglese e l’inquietudine mascherata da risate a denti stretti.
Per gli amanti dei telefilm, si sa, le migliori soddisfazioni negli ultimi anni arrivano soprattutto dalle serie britanniche, dotate di una qualità quasi sempre innegabile e di una serie di caratteristiche (dagli attori alle storie narrate) che rendono questi prodotti irresistibili.
Non è da meno Inside No. 9, andata in onda sulla rete BBC Two, composta per ora da due stagioni di sei episodi ciascuna e scritta da Reece Shearsmith e Steve Pamberton, membri della famosa League Of Gentlemen e collaboratori già per Psychoville, oltre che interpreti di questa serie stessa.
Siamo, ovviamente, dalle parti della commedia nera, con un umorismo macabro di fondo e un richiamo a diversi generi televisivi e cinematografici, evocati di episodio in episodio. Si tratta, inoltre, di una serie costituita da episodi autonomi tra loro, con storie, personaggi, ambientazioni e tematiche di fondo differenti, con il numero 9 (che compare spesso come numero civico, ma non solo) come unico filo conduttore.
Altra caratteristica comune ai dodici episodi è la presenza di colpi di scena finali che spesso ribaltano quanto visto fino a quel momento, lasciando lo spettatore, oltre che stupito, anche interdetto, e trasmettendo a volte un senso di disagio non indifferente, raccontando tra le righe tutte le falle e le ipocrisie della nostra società e dell’animo dell’essere umano in generale.
La sensazione imperante che si riceve durante la visione di Inside No. 9, inoltre, è una sorta di senso di claustrofobia, dal momento che siamo in presenza di ambientazioni il più delle volte ristrette, con un numero di personaggi mai elevato.
Un plauso va fatto ai due autori, capaci di scrivere dialoghi sopraffini e di mettere in scena situazioni paradossali e grottesche, creando il giusto senso di inquietudine e portando elegantemente alla riflessione, senza mai calcare la mano con didascalismi di fondo.
Molti, tra l’altro, i volti noti che si avvicendano nel corso degli episodi, come quelli, ad esempio, di Gemma Arterton e Tamsin Greig (già protagonista della serie Episodes).
La morte, però, sembra essere la reale protagonista di questa serie, che affronta il tema senza peli sulla lingua, risultando non solo spiazzante, ma anche molto divertente e irresistibile.
Miglior episodio
Forse il più geniale e al tempo stesso anche “leggero” degli episodi di questa stagione, A Quiet Night In, porta alla mente anche un umorismo “antico”, con richiami alla commedia splastick, senza dialoghi, tutta affidata alle smorfie dei protagonisti e alle situazioni assurde di cui si fanno loro malgrado protagonisti.
I nostri Pemberton e Shearsmith, in questo episodio, sono due ladri sfortunati che fanno irruzione in un casa megalussuosa con l’intento di rubare un dipinto di grande valore.
Ma non farsi notare dal proprietario di una certa età e dalla sua giovane compagna (che riserverà una sorpresa decisamente “ingombrante”), nonché dalla domestica e in seguito da un venditore porta a porta sordomuto, non sarà cosa facile.
Da qui tutta una serie di inconvenienti esilaranti che faranno precipitare sempre più i due ladri, a tratti anche un po’ stupidi, in una spirale di imprevisti sempre più ingestibili, fino all’exploit finale che ci lascerà letteralmente di stucco.
ALESSANDRA CAVISI