Suburra: L’anima nera di Roma e di molte pedine che si muovono sulla sua scacchiera
Criminalità, malavita, illegalità, droga, soldi, morti, tradimenti e nuove alleanze in una Roma in cui nessuno, dal più basso ceto sociale, fino al Vaticano e al mondo della politica, sembra avere un minimo di coscienza e di morale.
Con la terza e ultima stagione da poco terminata, Suburra ha salutato gli spettatori dopo tre anni in cui, pur rifacendosi palesemente e a volte fin troppo intensamente a prodotti simili come Gomorra, è riuscita ad emergere come prodotto televisivo italiano degno di nota e di interesse, grazie soprattutto a un cast molto ben assemblato e all’ottimo racconto di tutto il marcio che si nasconde in un mondo in cui la criminalità sembra permeare ogni angolo della capitale e ogni animo di chiunque in qualche modo la abiti.
Un racconto che ovviamente vive di chiaroscuri, non mostrando in maniera manichea un male assoluto, ma presentando delle figure che nel male e nel marcio ci sono già nate e lì sono cresciute, non conoscendo altre realtà e altri modi di vivere, senza per questo assolverle o giustificarle. Figure alle quali si affiancano altre in cui nel male ci sono volute entrare coscientemente spinte dalla sete di soldi e potere.
Prendendo spunto dal Suburra cinematografico di Stefano Sollima, uno dei migliori film italiani degli ultimi anni, la serie nelle prime due stagioni sembra essere una sorta di prequel della pellicola, per poi nella terza prendere dei binari diversi, con delle svolte narrative che si discostano parecchio da quello che avveniva su grande schermo.
Notevole rilievo viene dato ad alcune figure femminili che rimangono tra le migliori della serie, a partire da Livia, la sorella di Aureliano (interpretato anche qui, come al cinema, dall’inarrestabile Alessandro Borghi), che pragmaticamente cerca di mettere dei freni alla folle ricerca del potere del fratello, sempre più intenzionato a fare del litorale di Ostia (e successivamente non solo quello) il suo impero. Grazie anche ad una perfetta e imperdibile interpretazione di Barbara Chichiarelli, in grado di restituirci molto realisticamente la dimensione umana del suo personaggio, Livia rappresenta uno dei punti saldi nel percorso di “formazione” e di crescita di Aureliano, fino a divenire anche una sorta di ostacolo ai suoi “deliri” di onnipotenza, con tutta una rete di tradimenti reciproci e riconciliazioni che fanno da base fondamentale nel racconto di questo rapporto complesso e molto profondo.
Insieme a Livia sin dall’inizio abbiamo un punto di vista femminile diametralmente opposto, quello dell’elegante e altolocata Sara Monaschi, interpretata da Claudia Gerini, che lavorando al Vaticano, tesse una serie di rapporti criminali, in cui viene a contatto anche con la malavita di basso rango, per ottenere determinati appalti e arricchirsi senza il minimo scrupolo etico e morale. Ma il suo personaggio, forse fin troppo velocemente e maldestramente liquidato nella terza stagione, viene subito oscurato da altre due donne che soprattutto nell’ultima corsa di questa serie, hanno saputo conquistare i favori del pubblico per la loro forza e genuinità, ma soprattutto per l’intenso rapporto di amicizia che instaurano, nonostante le iniziali diffidenze e le differenze plateali. Amicizia che tra l’altro fa da specchio a quella che sta alla base di tutta la serie, quella tra Aureliano e Spadino, quest’ultimo appartenente alla famiglia rom degli Anacleti, storicamente in lotta con quella degli Adami (a cui appartiene appunto Aureliano).
Queste due donne sono Angelica, la giovane moglie rom che Spadino si trova costretto a sposare in un matrimonio combinato per rafforzare il potere delle rispettive famiglie (nonostante la sua omosessualità, cosa che lo porterà prima a scontrarsi con Aureliano per poi stringer ancora di più le maglie della loro amicizia) e Nadia, la nuova fidanzata di Aureliano, figlia di un giostraio che si trova in mezzo alla faida per la conquista di Roma. Queste due figure hanno saputo rendere più interessante, sfaccettata ed entusiasmante una terza stagione che in certi punti è sembrata fin troppo ripetitiva nel racconto della riconcorsa alla conquista di quartieri di Roma e di rapporti tra alto e basso rango di rappresentanti della malavita romana, tanto da suscitare quasi il desiderio di uno spin off dedicato interamente a loro.
Ma ovviamente il vero fulcro di Suburra, oltre al racconto di una Roma nera e sporca, è proprio il rapporto che si crea paradossalmente tra due figure destinate a scontrarsi e ad annullarsi come quelle di Aureliano e Spadino (fantastico il suo interprete, Giacomo Ferrara), con la presenza di un terzo amico ancora più stranamente rappresentato da uno studente universitario, figlio di un poliziotto, che a causa di un debito di droga, si ritrova immischiato nelle loro vite, dovendo destreggiarsi tra i sospetti del padre, le minacce di chi da anni manovra nelle retrovie (quel Samurai al cinema portato magnificamente da Claudio Amendola, qui impersonato dall’ottimo Francesco Aquaroli) e i suoi dilemmi morali, che sembrano attanagliarlo in una spirale dalla quale difficilmente uscire. Lui è Lele, ago della bilancia di molte dinamiche nel rapporto dai contorni quasi shakespeariani che si viene a creare tra i due protagonisti assoluti della serie, personaggio apparentemente secondario, che però risulta essere fondamentale non solo per le suddette dinamiche, ma anche perché un determinato avvenimento che lo riguarda, porterà allo scatenarsi di eventi raccontati nella terza stagione.
In mezzo a tutte queste figure (tra cui conosceremo anche cardinali, vescovi, politici, contesse, spacciatori, assassini, mafiosi siciliani, contabili e criminali di ogni sorta), quella che più di tutte sembra emblematicamente raccogliere il senso di questa serie sembra essere quella del politico Amedeo Cinaglia (ottimamente interpretato da Filippo Nigro), uomo dagli ideali quasi anacronistici, abbarbicato al rispetto dell’etica, della legge e della morale, sempre restio a cedere alle richieste, seppur insistenti e minacciose, di Samuarai e non solo, che andando avanti, viene risucchiato totalmente dal mondo “sotterraneo” della Roma criminale, fino a raggiungere degli exploit dai contorni quassi orroristici, mostrando a conti fatti la sua vera personalità, che covava da sempre in fondo alla sua anima.
La sua evoluzione (o involuzione?) in qualche modo affascina e conquista, proprio perché sembra essere a conti fatti una metafora che può ricondurre alla vera natura di Roma, la protagonista maestosa che campeggia e padroneggia, facendo da sfondo silente ma molto potente a questo noir italiano che arricchisce positivamente il catalogo Netflix.
Trailer della serie:
Miglior Episodio 2×02 – Conseguenze
Nella fitta rete di rapporti e di eventi che portano molte pedine di questa scacchiera a cambiare fazione o a lottare anche contro gli appartenenti della propria famiglia per poter conquistare il posto che pensano di meritare o, in alcuni casi, per poter semplicemente sopravvivere in un mondo in cui la morte è sempre dietro l’angolo, il secondo episodio della seconda stagione di Suburra, Conseguenze, termina con la morte di uno dei personaggi più intensi e importanti della serie, lasciandoci con un senso di straniamento e con la forte consapevolezza che quella della morte, quasi sempre e quasi sicuramente, è l’unica via d’uscita in un mondo in cui vige la legge del più forte in alcuni casi, ma anche del più furbo e del più fortunato in altri.
Diretto da Andrea Molaioli, l’episodio parte con un flashback in cui ci viene mostrato il passato di Aureliano e di sua sorella Livia, per poi immetterci a viva forza nel reticolato di strategie che ciascun personaggio pone in atto per raggiungere il proprio obiettivo, senza risparmiarsi in crudeltà e violenza. Un ottimo sunto di tutto quello che all’interno dell’intera serie viene raccontato, arrivando ad un finale amaro e per niente consolatorio.
ALESSANDRA CAVISI