Gli Es Nova sono un hub artistico composto attualmente da cinque musicisti (Nicola Rosti, Erica Agostini, Alice Drudi, Michele Fraternali e Antonio Gentili) e una serie di collaboratori (tra cui in pianta stabile troviamo l’arte visiva di Loretta Militano) che ruotano intorno al progetto soprattutto durante le performance live.
La loro musica è decisamente sperimentale e coglie spunti dalla classica contemporanea così come dal jazz, dal blues come dal rock, realizzando infine un particolare stile tra sound art e intuitive music.
Da poco hanno pubblicato il loro quarto disco, intitolato Politika, in cui il collettivo ha rappresentato attraverso suoni e immagini la propria concezione dell’essere “uomini sociali”, inseriti cioè in un contesto sociale che influenza evoluzioni, pensieri e azioni.
Data la particolarità della loro ricerca musicale non potevamo non chiedergli di redigere per noi una playlist per svelarci alcuni brani per loro particolarmente rappresentativi.
Preparatevi ad un viaggio tra suoni e ritmi insoliti.
::Playlist:: by Es Nova – “Consonanze, dissonanze”
Philip Glass – Glassworks – Floe
I poliritmi scambiano gli accenti tra i vari strumenti orchestrali, come tanti semafori che dettano il tempo ai veicoli all’interno dello scenario sonoro.
Maurizio Pollini – Schoenberg, Boulez (excerpts)
La decomposizione della tonalità del grande compositore Schoenberg riesce a mantenere l’ordine e la coerenza nella costruzione musicale. Troviamo interessante che l’ascoltatore abituato al facile ascolto delle consonanze, viene risvegliato dall’estraneità delle dissonanze e da un approccio oggettivo.
The Contortions – Flip Your Face
Il rumore diventa protagonista e la musica perde la sua estetica per assumerne un’altra di tipo contemporanea. La noise music ci ha ispirato a destrutturare quello che è la percezione ordinaria, mettendo in luce il carattere differenziale nel linguaggio dello strumento musicale.
Robert Ashley – Automatic Writing (1979)
L’apparente indipendenza melodica crea un interessante e surreale connubio tra uomo e macchina.
Joan La Barbara – Twelvesong
Al di là di ogni frame estetico, il suono umano esce dal suo centro individuale e si fà periferia cosmica.
Dead Can Dance – Children Of The Sun
Una scelta che riflette ciò che crediamo si crei in ogni nostra performance… una grande viaggio dove c’è spazio per tutti!
Captain Beefheart – Dachau Blues
Trout Mask Replica, disco da cui è tratto questo brano, è un vero capolavoro. Musicalmente complesso, stratificato, ricco di soluzioni. Dilatazioni che fanno emergere il fondo frantumato, surreale e dadista. Fa suo e torce il blues, lo mescola, lo rende vicino al free, lo canta in modo folk. Un grande artista, che ha osato fino in fondo e ha trasformato la materia musicale e sonora fino ai limiti dell’“udibile”.
Alvin Lucier – I am sitting in a room
Processi, fenomeni emergenti, dal fenomeno semplice alla sua stratificazione complessa, che modifica e rende “altro” l’inizio, lasciando al suono il suo accadere interno.
Pink Floyd – Careful with that axe Eugene
Un’infinita malinconia, funebre, dilatata e apocalittica. Cadenze di morte. Urli, grida, come di animali uccisi, macellati. Anima. Esplosioni. Loro immersi nel suono, nel momento, del tutto dentro e assenti allo stesso tempo.