Orgogliosamente e ostinatamente fuori tempo gli Acid Brew, band bergamasca alla loro prima uscita discografica con questo omonimo album autoprodotto costruito ricalcando fedelmente i canoni e le atmosfere dei tanti classici rock-blues del periodo d’oro tra ’60 e ’70 che ogni buon rockettaro fedele alla linea dovrebbe conoscere.
Blues elettrico, vibrazioni acid/psych, retaggio rhythm’n’blues, gli opportuni inserti funk e soul, e una certa attitudine piacevolmente scazzata da jam più o meno lisergica convenientemente mantenuta nei limiti, di durata e di struttura dei pezzi, da un’indole pop che riesce a tenere tutto nella forma-canzone. Una mezz’ora scarsa che tra i riff hardblues, i densi volteggi dell’hammond e un conciso songwriting, dimostra che i nostri ci sanno parecchio fare, soprattutto quando si tratta, parafrasando Philip Dick, di costruire un groove che non cada a pezzi dopo pochi secondi.
Forse l’aspetto più convincente di questo Acid Brew è proprio l’aspetto ritmico, che riesce a dare ricchezza di sfumature e di clima a pezzi che altrimenti suonerebbero un po’ troppo imbolsiti. E scelta saggia è stata quella di variare il più possibile il menù, passando dalla vaga lascivia di Riff One, passando per la funkeggiante Hard Times, la più sabbiosa Sinfoul Souls, la morbida e celebratoria Together o il vago nervosismo sotto pelle di Will You Marry Me.
Un buon lavoro, ricco di suggestioni e che riesce a maneggiare la materia originale con dovizia di causa suonando fresco e convinto nonostante gli ovvi rischi di un’operazione così marcatamente vintage. Unica pecca, la poca incisività di alcuni dei momenti di questi nove brani proposti, che spesso scivolano addosso o per una certa prevedibilità o forse per qualche timore da parte del gruppo di osare un po’ di più ed emanciparsi da una formula ritenuta comoda.
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Video di Hard Times: https://www.youtube.com/watch?v=81qshkOST-w
FRANCESCO CAPUTO