Dirò una banalità, eppure per qualcuno non lo è: non esiste la razza italiana. Non esiste nessuna razza, siamo tutti di sangue misto, la purezza non è che un mito. Nel “sangue” così come nella lingua, così come nella musica. E per questo anche la musica più local e tradizionale è fatta di migrazioni e contaminazioni, ed è questo che ci ricordano lavori come U fujutu su nesci chi fa, di Cesare Basile. Dischi dove il dialetto e il folk non sono mezzi di ancoraggio al passato e alle radici, ma strumenti per dare a quelle radici nuova linfa, nutrirle di tutti gli elementi che le rendono vive, mobili, meticce.
Il viaggio del “fujutu”, il fuggitivo dei tarocchi siciliani, è un cammino poetico e ribelle che attraversa lo spazio e il tempo di un’umanità “dannata”: “Questa è la storia della Dannata”, scrive Basile, “la città in cui per sortilegio gli offesi sono grati a chi li offende. La storia della tromba d’aria che viene a distruggerla, la storia che si racconta quando una donna si fa scuro e tempesta per giustizia o per vendetta. La vigilia, la sorte imprevista, i passi di un bastone che ruota nella quiete, il gioco dell’oca della rivolta, il fuoco dello sconfitto deriso e beffato financo dal demonio. È storia narrata agli angoli delle piazze dalla voce consumata di un vecchio cuntista. Ed è la paura, il nostro insoddisfatto bisogno di consolazione”.
Intanto strumenti e sonorità antichi e moderni accompagnano il racconto in una vorticosa fusione di blues, folk, pop, groove africani, battiti mediorientali… perché i confini sono solo linee immaginarie, e la musica è fatta per ignorarli, ed essere complice dei fuggitivi.
La pagina ufficiale dell’artista: https://www.facebook.com/cesarebasileofficial/
Il video di Cincu Pammi: https://www.youtube.com/watch?v=j3r24RO68H0
LETIZIA BOGNANNI