Erica Mou, ormai abile scrittrice oltre che raffinata cantautrice, con il suo settimo album, Cerchi, descrive un percorso di crescita personale tra racconto di sé ed evocazione di sensazioni comuni. Il titolo, come rivelato dalla stessa artista in diverse interviste, è ispirato proprio al dover fare i conti con la circolarità del tempo e questo concetto viene ben rappresentato perfino dall’ordine dei brani, con la prima e l’ultima canzone che si connettono l’un l’altra.
Sono undici le canzoni di cui si compone Cerchi, ognuna delle quali racconta un pezzo di vita, dalla confusione di una festa di paese fino al voler scappare per poter conquistare il futuro. L’album si apre con il brano Madre, la cui melodia dolce e intima culla perfettamente il cantato. Qui Erica descrive l’evolversi del rapporto tra madre e figlia, dall’idillio dell’infanzia, passando al distacco fino a quando poi il rapporto si ricompone e si sublima in una conoscenza più approfondita, seppur avvenuta quando la figlia è ormai grande: “…madre ti ho conosciuta tardi/però non ho rimpianti…”. Dopo questo intimo brano, troviamo Mani d’ortica, dove la voce della cantante ci conduce per mano in un crescendo di emozioni e intensità. Sedimenti parla invece di futuro attraverso rimandi al passato: “…avere trent’anni è un po’ la corsa al banco il primo giorno di scuola/Sai che devi scegliere bene la posizione e il giusto compagno/La stabilità è un inganno”.
Le origini pugliesi dell’artista trovano più che mai sfogo nell’ottima La festa del santo, la cui atmosfera festosa e gioiosa racconta al meglio il clima e le sensazioni della festa, tra pagliacci, elefanti, bambini che prendono il volo grazie a una giostra, la possibilità di sparare a un barattolo e tutto ciò che ci si aspetterebbe sia presente a una festa di paese, che porta allegria e gioia. La festa però diventa sfondo, in contrasto con la fine di un amore vissuto dalla protagonista del brano: “…Lo zucchero filava/Era il nostro addio/In una sera d’estate”. Complici è il brano successivo, che si lega al precedente grazie al tema condiviso riguardante il futuro benché qui l’intento sia quello, come suggerisce il titolo, di scappare con il proprio amore, come complici contro tutto ciò che vuole ostacolarli. Questo è un brano forte, armonioso e ben strutturato, con l’intervento di una piccola parte a cappella che rende ancora più particolare il suo arrangiamento. Se in questo brano il futuro è il fulcro del messaggio, la successiva Parlare coi cani fa riflettere sugli anni passati, la cui malinconia è amabilmente sottolineata dal violino che accompagna il brano.
Il passaggio delle stagioni è, invece, protagonista de L’alfiere, in cui la cantautrice riesce a trasportarci soprattutto grazie a un testo poetico ed evocativo al tempo stesso: “Ora a passo di danza/L’autunno si prende ogni ramo/Oro, colore speranza/L’autunno ci prese la mano”. Troviamo dunque Genesi, brano particolare e audace che ci conduce a un’altra “genesi” avvenuta recentemente nella vita dell’artista, ovvero la nascita di sua figlia Bianca, tema protagonista della successiva Piccola vita: “Quando dormirai io ti proteggerò dalle regole del gioco/Dalle persone che permettono imitazioni nuove…”. Successivamente troviamo Muta, il cui testo ci fa comprendere che il riferimento è alle mute degli animali e dunque al cambiamento, così come le stagioni cambiano anche la cantante decide di “abbandonarsi” al cambiamento cambiando muta: “Non dire niente, facciamo la muta come un serpente/Non dire niente, facciamo la muta”.
Come si diceva all’inizio, ultima e prima traccia si ricollegano, infatti a concludere l’album troviamo Canzone per la me che sono stata, ossia una dedica alla sé stessa del passato da parte che quasi non le appartiene più, seppur sia ancora presente nella sua voce.
Cerchi è un’ulteriore conferma di quanto Erica Mou sia un’artista sempre più matura e completa, in grado di trasportarci nelle proprie esperienze di vita facendocele vivere come fossero nostre e sottolineando che alla fine, gira che ti rigira, il tempo è veramente circolare e ci conduce lontano fino al nostro io più profondo.
Qui potete ascoltare il disco:
GIULIA RUSSO