Sono tantissime le trasposizioni cinematografiche e televisive delle innumerevoli opere di Stephen King, così come sono tante le opinioni contrastanti che ogni volta le stesse generano nei suoi fan. Di solito si tende ad essere molto critici, se si escludono alcune pietre miliari della settima arte incontrovertibilmente intoccabili come Shining e Le Ali Della Libertà, ma non solo. Nell’ultimo periodo, però, sembra che l’autore abbia ispirato notevolmente registi e sceneggiatori che sono stati in grado di dar vita a pellicole degne di nota, alcune delle quali, come Il Gioco Di Gerald, 1922, ma soprattutto It, hanno entusiasmato non poco sia il pubblico che la critica più intransigente.
Rimanendo su It, nonostante la scontata impossibilità di trasporre in maniera del tutto fedele lo sterminato e amatissimo romanzo di riferimento, possiamo dire che il regista Andrés Muschietti ha saputo coglierne magnificamente lo spirito, spingendo l’acceleratore, forse in maniera più consistente rispetto al romanzo, sul lato orrorifico del racconto, con i classici e immancabili jump scares tanto presenti nel cinema horror degli ultimi anni, ma concentrandosi, anche, in maniera formidabile su quello che è il vero fulcro dell’opera: il percorso di crescita doloroso dei giovani protagonisti costretti a fare i conti con le loro paure più recondite, consistenti nel loro complicato rapporto con i genitori (e gli adulti in generale) e con la prospettiva di dover essi stessi entrare in un’età in cui affrontare responsabilità e difficoltà.
Grande successo del film, infatti, è quello di riuscire a trasmettere un enorme senso di immedesimazione nei confronti dei ragazzini che devono crescere potendo contare solo su se stessi, ma soprattutto sul grande senso di amicizia e di unione che li contraddistingue, lottando non solo contro il terribile pagliaccio dai denti aguzzi (menzione d’onore alla perfetta interpretazione di Bill Skarsgård), ma anche contro l’incombente ombra di questi genitori asfissianti, ma a volte anche incapaci di confrontarsi con l’avanzare dell’età dei propri figli, con conseguenti atteggiamenti, dettati spesso dalla paura di perderli, che terrorizzano più delle agghiaccianti apparizioni del clown.
Il senso del nostalgico, tanto caro a molte opere “eighties”, sia per data di nascita effettiva sia per mood (basti pensare agli intramontabili Stand By Me e I Goonies, o al recente Super 8 o recentissimo Stranger Things) è l’altro elemento caratterizzante positivamente questo It, arricchito notevolmente da un cast superlativo, diretto magistralmente dal regista, e da un’ottima sceneggiatura che richiama molte battute del film (tra gli scrittori della stessa abbiamo Cary Fukunaga, regista dell’acclamatissimo True Detective, inizialmente indicato come regista anche di It). L’atmosfera che si respira grazie a questi elementi fa dimenticare qualche didascalismo di troppo (viene fin troppo spiegato il significato simbolico di Pennywise, senza lasciarlo sedimentare nello spettatore tramite suggestioni) e la presenza di alcune sequenze davvero straordinarie (l’incipit col bambino che segue la barchetta di carta fino ad arrivare alle fatidiche fogne e quella di Bev, l’unica ragazza del gruppo, che si ritrova col bagno completamente imbrattato di sangue), rendono il film un’opera totalmente apprezzabile, che non tradisce le aspettative e che lascia con un senso di appagamento che solo il grande cinema riesce a trasmettere.
ALESSANDRA CAVISI