L’“esploratore musicale” che si nasconde dietro il nome Max Mayall Fine non ama l’elettronica perché poco umana rispetto al suo intento di riappropriarsi della fisicità della musica, del contatto e del calore degli strumenti analogici, e infatti recupera suoni e modalità di registrazione di più di trent’anni fa.
D’accordo o meno con l’idea che l’elettronica sia necessariamente fredda e “non umana”, bisogna ammettere che lo scopo dell’artista di dare vita ad una musica piena di sudore, corpo e movimento è perfettamente raggiunto. Lo ska-reggae-jazz-latin-prog-texmex dell’artista milanese sa di terra, viaggio e conoscenza carnale.
Le dieci tracce del suo primo disco, Now, sono abbastanza variegate da poter usare senza timori la parola “ricerca”, e sono oltretutto coerenti quanto basta per poter suonare l’intero album ad una serata di ballo “intelligente”.
I fiati spadroneggiano e dettano i ritmi, da quelli solari di Moka Lee, Maharajà e Frisco Beat a quelli più pensierosi di First Evening Star e Last Tequila fino ai toni che virano al nero di Radioclock, ma anche il resto della formazione ci mette ottimamente del suo nel partecipare a questo vagabondaggio in note, colorato e coinvolgente.
Almeno un ascolto va concesso e potete farlo facilmente tramite i suoi canali web che vi forniamo come di consueto in coda alla recensione.
Sito ufficiale: http://www.maxmayallfine.com/
Videoclip di Moka Lee: https://www.youtube.com/watch?v=4oon-atMpas
LETIZIA BOGNANNI