Due bassi, una batteria, fragore matematico, sferragliate compresse, e la trappola ben congegnata dei Morkobot scatta senza pietà. Una trappola contorta, complessa, che ti costruisce intorno strati di incastri metallici, lasciandoti a volte l’illusione di poter uscire in territori più ariosi per poi magari richiudersi senza preavviso.
Sia considerando i singoli pezzi, sia nell’andamento generale dell’album, è questa la sensazione principale che si avverte all’ascolto di Gorgo, quinta prova del terzetto lombardo, registrato in tre giorni sotto l’egida di Giulio Ragno Favero in veste di produttore.
Si inizia quasi in maniera slanciata, agile, costeggiando territori cari ai Lightning Bolt più espansivi in Kogromot, ma la direzione diventa sempre più oscura e meccanica, e i sommovimenti tellurici e i pattern in carta vetrata che eruttano in spasmi acidi à la Metz di Kologora tolgono ogni dubbio sull’incauta strada che si sta prendendo. Le aperture inquietanti in via di collasso di Gorokta, le reiterazioni slabbrate di Ogrog, le spire infide di Kromot e i vortici psicotici simil-Botch di Krogor, sembrano quasi tappe forzate che portano alla fine ai 9 minuti di Gorog, in cui al fragore precedente si sostituisce una calma oppressiva e minacciosa vagamente doom e vagamente innervata di psichedelia malata; quasi a volerci dire che al di fuori del congegno probabilmente è anche peggio.
I Morkobot maneggiano la multiforme materia math-rock in maniera non dissimile da quanto fatto, ad esempio, da The Austerity Program, riducendo le divagazioni, aumentando la dose di compressione, e assorbendo le dinamiche punitive del noise più rancoroso o del noisecore più ragionato e non disdegnando soluzioni ritmiche che risentono dei primi Zu. In sintesi, una delle cose migliori che si possono ascoltare in questo periodo.
Sito ufficiale: http://www.morkobot.org/
Video Ogrog: https://www.youtube.com/watch?v=WA8xHPOndFU
FRANCESCO CAPUTO