Registrato presso il Golem Dungeon Studios di Bari e distribuito dalla finlandese Inverse Records, Escape From Leviathan, il nuovo lavoro dei pugliesi Subliminal Fear, si scosta dal melodic death metal di stampo svedese che la band ha proposto fino a pochi anni fa ma si assesta su un cyber metal che deve molto all’influenza di gruppi come Fear Factory, Sybreed e Mnemic; inoltre, un’altra novità rispetto ai due lavori precedenti è la presenza della doppia voce, una in pulito ed una in growl.
Partiamo subito dall’artwork che, con i suoi netti richiami Gigeriani e prodotto dal celebre Seth Siro Anton (suoi lavori sono presenti in alcuni album di tantissime band tra cui Moonspell, Paradise Lost, Soilwork, Sybreed, Nile, Septicflesh, Decapitated e tanti altri) è già un’ottima presentazione per la band. Altro motivo di vanto di questo lavoro sono le tre collaborazioni di tutto rispetto presenti in alcuni brani, ovvero quella con Guillaume Bideau (Mnemic, OneWayMirror), con Jon Howard (Threat Signal, Arkaea) e con Lawrence Mackrory (Darkane).
L’album si apre con Phantoms or Drones, nella quale si intuiscono chiaramente anche le influenze djent che nel pezzo Evilution (probabilmente il più bello dell’album) sono ancor più marcate.
Impossibile non notare la mole di inserti elettronici ma anche sinfonici (ad opera di un membro esterno alla band, il tastierista dei baresi Godyva) che costituiscono la colonna portante, specialmente in pezzi come Limitless e The Disease Is Human Emotion (outro bellissimo).
Nei pezzi All Meanings They’ve Torn, Nexus e ancor più in Dark Star Renaissance è ancora ben riconoscibile la matrice melodic death metal ma nel suo volto più moderno, quello di cui band come Scar Symmetry e Soilwork sono i maggiori fautori.
Come sesta traccia dell’album c’è anche Living In Another World, una cover dei Talk Talk rielaborata sapientemente fino a renderla perfettamente inserita nel contesto della tracklist; è infatti normale non accorgersi subito che si tratti di una cover ed anche la scelta di mettere questa canzone nel bel mezzo dell’album e non come bonus track, ha tratto in inganno anche il sottoscritto.
Oltre alla già citata Evilution, anche la title track e Self-Proclaimed Gods meritano un elogio, così come lo merita il livello altissimo della produzione di quest’album.
Le uniche note negative sono l’eccessiva durata di alcuni pezzi o, di contro, la tendenza a non sorprendere l’ascoltatore e a non tenerlo sulle spine in alcuni dei pezzi con un minutaggio più elevato. Lo schema strutturale dei pezzi, infatti, in alcuni frangenti tende ad essere un po’ ripetitivo, puntando troppo su quelle che potenzialmente sarebbero effettivamente i cavalli su cui la band deve puntare ma che di fatto può usare ancora più sapientemente, come la doppia voce e il riffing tipico del djent.
In definitiva questo lavoro è sicuramente un’ottima base da cui partire, contando che si tratta di un percorso musicale che la band barlettana, per quanto esperta, ha intrapreso da poco (colpa anche di recenti cambi di line up).
L’augurio è quindi quello di continuare sulla strada del death metal moderno e quasi “industrial”, che da queste parti è ancora poco battuta e che può portare i Subliminal Fear a togliersi belle soddisfazioni.
FRANCESCO BIZZOCA