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La crisi di una generazione alle prese con “Alcol, schifo e nostalgia” nel secondo album dei Voina

voinaalcolschifoenostalgiacoverChe eredità raccolgono i giovani del nuovo millennio dalla passionale e rivoluzionaria generazione del “sesso, droga e rock’n’roll”? I Voina provano a dare una risposta tra il serio e il faceto, con il titolo del loro secondo album: Alcol, schifo e nostalgia.

Uscito per INRI la primavera scorsa, tra sarcasmo, autoironia, rabbia e disillusione, Alcol, schifo e nostalgia combatte contro l’ipocrisia della perfezione “da social network” e graffia con le unghie sotto la coltre di cenere che riveste i luoghi comuni di questa società, portando sulle spalle uno zaino in realtà carico non tanto di risposte quanto di dubbi e domande: perché sacrificare se stessi per un lavoro che fa schifo e che non aiuta neanche a vivere in maniera tranquilla? Perché costruire la propria (falsa) identità sui social network per fingere di avere una vita perfetta? Perché seguire i sogni che “non sono nostri”?

Il quartetto di Lanciano, armato di chitarre infuocate, batterie mitraglianti e parole come proiettili, in sole dieci tracce, va a smascherare e deridere gli atteggiamenti perbenisti e omologanti della generazione dei ventenni e trentenni di oggi, il cui spirito critico sembra sepolto sotto le macerie degli sgretolati grattacieli di muffa imborghesita che si ergevano nei fatidici e fatali anni ’80. Sembra che si rimpiangano, invece, i tempi in cui le brucianti passioni facevano fuochi e fiamme delle ingiustizie anche a costo di ustionarsi: il fuoco può essere distruzione o creazione e può essere anche un’immagine di bellezza, tanto da diventare un ardente e “romantico” termine di paragone (“Sei bella come una piazza in fiamme” da Ossa).

Con un atteggiamento decisamente punk, i Voina scherniscono soprattutto l’asfissiante bisogno di primeggiare che dilaga tra gli automi del genere umano: “Non faccio foto/ Non faccio video/ Non cito Nietzsche per fare il figo/ Gli aperitivi mi fanno schifo/ Io non vado alle feste/ Io non sono un tipo” da Io non ho quel non so che, che un po’ ricorda il tema di Noi fuori dei Ministri, band che – insieme ai Fast Animals And Slow Kids e ai Velodrama – è molto affine ai Voina, tanto per il sound alternative rock cantato in italiano, pestato e sanguigno, quanto per i testi taglienti, che non temono di descrivere spudoratamente la grottesca società che ci circonda.

Si parla anche di morte e di fallimento, soprattutto per sottolineare la perdita d’identità che subiamo a forza di volerci omologare con la massa, rinnegando i nostri difetti e i nostri fallimenti con vergogna. Eppure – ci ricordano i Voina – questi sono semplicemente qualcosa di nostro, che ci caratterizza nel bene e nel male in quanto individui, e non devono per forza esser “redenti” da un prete al proprio funerale: “Quando morirò non chiamare un prete/ Portami da bere/ Brinderemo alla nostra sete/ Che non è la sete di sapere/ Brinderemo alle nostre incertezze/ Brinderemo a me, a te, a noi/ Che non ce ne frega niente” da Bere.

Ma Alcol, schifo e nostalgia non è un omaggio al nichilismo più passivo e rassegnato, bensì, grazie alla scanzonata predisposizione al sarcasmo dei quattro abruzzesi, costruisce un quadro fedele dei più derisibili atteggiamenti del mondo e dell’epoca storica in cui viviamo, rappresentando sia il disagio e il malessere di un’intera generazione quanto la speranza e la voglia di rivalsa che fortunatamente non si sono ancora assopite del tutto. Può darsi che queste idee ribelli siano “incendi in via d’estinzione” ma si può ancora intervenire, prima di “odiare gratis, odiare per sempre”, perché altrimenti il futuro non sarà divertente (da Morire 100 volte).

Uno dei migliori dischi rock italiani degli ultimi anni, da ascoltare e riascoltare e riascoltare ancora.

Qui la pagina fb della band: https://www.facebook.com/voinaband/

Qui il videoclip di Bere: https://www.youtube.com/watch?v=OoFMkoUJXH8

DORIANA TOZZI

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