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La danza dark degli Editors e la grande conferma del Siren Festival

EditorsSiren2016iThinkMag11WEBQuando due anni fa cominciarono a circolare le prime voci riguardo al Siren Festival eravamo tutti un po’ perplessi. I National? I Mogway? A Vasto? Ma veramente? Non è che la città fosse proprio abituata ai grandi nomi internazionali. Poi tutti i dubbi vennero fugati da un festival bello, ricco e ben organizzato e venne anche la seconda edizione e poi la terza, tanto che oggi possiamo dire a ragion veduta che il Siren è uno dei migliori festival d’Italia, sempre in grado, in bellissime location fra l’altro, di accontentare un po’ tutti i palati con ottima musica, ottima accoglienza e ottimo cibo dal pomeriggio fino all’alba del giorno dopo.

Quest’anno ci sono stati i dreampoppers-elettroshoegazers A.R. Kane, per gli amanti del folk/antifolk c’è stato uno strepitoso Adam Green in versione Aladino, l’onnipresente Calcutta (con ospitata a sorpresa sul palco di Niccolò Contessa de I Cani, headliner della seconda serata), e ancora Lee Ranaldo, Cosmo, Nosaj Thing, Yamamoto Kotzuga, Ry X, Thurston Moore con il suo gruppo post-Sonic Youth, The Notwist, Powell, la serafica e travolgente Joan Thiele, His Clancyness, Holy Strays, Francesco Motta e una serie infinita e appagante di dj set (foto e brevi video li trovate sul nostro profilo instagram @thinkersgram). Ma soprattutto loro, gli headliner della prima serata, ovvero gli attesissimi Editors, in formissima e pieni d’energia. E parliamone, degli Editors.

Decisamente non uno di quei gruppi che mettono tutti d’accordo: EditorsSiren2016iThinkMag6WEBprima “troppo Joy Division”, poi “Interpol dei poveri”, o ancora “troppo U2”, “troppo stadium-rock”, gli Editors sono piuttosto una di quelle band che molti amano odiare. Una cosa però è pressoché innegabile: quando si assiste a un loro live è difficile rimanere freddi ed impassibili. Per quanto si possa essere ancora in lutto per l’abbandono di Chris Urbanowicz, per quanto si possa non aver amato l’ampollosità degli anni recenti (soprattutto The Weight Of Your Love, ad essere precisi), va detto che Tom Smith e soci sul palco sono dannatamente bravi – ancora meglio, per dire, dei più blasonati ma meno coinvolgenti cugini d’America Interpol.

L’attenzione, com’è inevitabile, è catalizzata soprattutto dal frontman, che sfoggia una voce spettacolare e intensità e movenze plastiche degne di un giovane Dave Gahan. E in effetti, se proprio vogliamo continuare coi paragoni, quello coi Depeche Mode sembra il più calzante, per il modo in cui i nostri coniugano, insieme a chitarre e synth, cupezze dark-wave e anthem tamarrock. Due anime perfettamente riassunte nel modo in cui il concerto si apre e si chiude: come nell’ultimo album In EditorsSiren2016iThinkMag8WEBDream, si comincia con la spettrale No Harm, si finisce con la quasi coldplayana Marching Orders. Il disco più recente è naturalmente quello con più pezzi in scaletta – oltre alle due già dette, Ocean Of Night, Forgiveness, Life Is A Fear e All The Kings – ma non ingombra troppo: i “classici” Papillon, Smokers Outside The Hospital Doors, Munich, The Racing Rats, si prendono lo spazio che si meritano, vengono allungate e arricchite, ed entusiasmano il (folto) pubblico, deliziato anche da una versione acustica, umbratile e antimuscolare di Dancing In The Dark di Bruce Springsteen.

E così, dopo aver lungamente e appassionatamente ballato nell’oscurità insieme agli Editors, band forse da troppi sottovalutata e che merita invece la giusta ribalta, al termine di questo e degli altri splendidi concerti sotto le stelle svoltisi in queste calde e afose giornate di luglio, non resta che attendere con ansia la prossima edizione del festival, certi che ancora una volta saprà essere all’altezza del prestigio che in così pochi anni ha già saputo guadagnare.

Testo: LETIZIA BOGNANNI

Foto: DORIANA TOZZI

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