The dark side of San Valentino. Sì è vero, telefonatissima, ma non è colpa nostra se è il 14 febbraio e se la musica di Trentemøller, per quanto ultimamente possa essersi addolcita, non è esattamente da baci perugina. Tutta gioia, quindi, per quelli che, accoppiati o single, nella serata degli innamorati bramano solo di sfuggire a palloncini a cuore, fiori, scioglievolezze e romanticherie, e che hanno potuto trovare rifugio nelle calde e tenebrose braccia dell’elettro-wave portata a Roma, per la prima delle due date italiane del fortunatissimo Fixion Tour, dal producer (diciamo così, anche se la definizione è ormai inesatta e riduttiva) norvegese.
La location, a dire la verità, non è proprio l’ideale, con il suo aspetto (e le sue tende) da sala da cerimonie, o da centro congressi, insomma molto EUR – e un po’ tamarra – però il terrazzo è comodissimo per uscire a fumare senza perdersi niente, quindi alla fine ci si adatta. E comunque, appena si impossessa del palco l’opener Tom and His Computer, con la sua electro scura e pesante, si entra nel mood e alle tende non ci si pensa più.
Dopo il suo serrato set, entrano in scena Trentemøller e sodali, ed è subito tuffo negli anni ottanta più fighi e darkettoni (a proposito, anche il pubblico non scherza, in quanto a monocromia), con i prepotenti echi di Joy Division, Cure, Echo and The Bunnymen che ondeggiano in particolare nell’ultimo album che si fanno sentire con sfacciataggine e bassi prepotenti per tutto il set. Ma il bello di questa band (a questo punto si può ben chiamarla band, dai), e la ragione a cui è dovuto il suo successo, è di aver trovato una propria via personale e moderna alla new wave, innestata di house, indie, elettronica minimal, cantautorale e psichedelica, post-rock, synth-punk… e dal vivo tutto questo viene fuori coinvolgente dai potenti intrecci di synth, chitarra, basso, batteria, con la voce ombrosa e dreamy di Marie Fisker che rende sempre grande giustizia a pezzi come My Conviction, Redefine, Complicated, svelandone anche una sontuosa anima pop.
Supportato dagli stilosi visual di Andreas Ermenius, lo show alterna con ottimo gusto e superba scelta dei tempi i brani più melodici a quelli aggressivi, a momenti in cui il parterre si trasforma in un dancefloor a tutti gli effetti, per un’ora e mezza che contiene tutte – o almeno tutte quelle ascoltate fino ad oggi – le incarnazioni e le contaminazioni musicali di un artista aperto come pochi.
Decisamente uno dei migliori San Valentino alternativi che si potesse scegliere di passare.
LETIZIA BOGNANNI