Breaking News

“Believe”: le conversazioni tra Serena Simula e Fabrizio Poggi per credere in se stessi

serenasimulabelievecopertinaGli appassionati di blues a livello internazionale conoscono bene il nome di Fabrizio Poggi. Cantautore, armonicista, ma anche scrittore e giornalista, Poggi è un artista a tutto tondo che ha avuto il coraggio di credere nel proprio sogno di portare la propria musica ovunque. Nel 1991 fonda i Chicken Mambo ma nella sua lunga e instancabile carriera ha suonato anche con artisti del calibro di Garth Hudson di The Band e Bob Dylan, The Blind Boys of Alabama, Marcia Ball, Jerry Jeff Walker, Zachary Richard, Flaco Jimenez, Charlie Musselwhite, Kim Wilson, Little Feat, John P. Hammond… troppi per nominarli tutti! La sua candidatura ai Grammy Awards è stata la ciliegina sulla torta per convincere la giornalista Serena Simula a scrivere una splendida biografia su di lui, non a caso intitolata Believe (Arcana Edizioni), nata da lunghe conversazioni con Poggi e con sua moglie Angelina.

Noi abbiamo letto questo libro e ci è piaciuto tantissimo perché va ben oltre quello che ci si aspetta da una biografia. Per questo abbiamo voluto parlarne direttamente con l’autrice.

Ciao Serena, grazie di avere accettato l’invito a chiacchierare un po’ con noi per parlare del tuo libro. Prima di entrare nel vivo, però, raccontaci chi è Serena: qual è il tuo background e cosa hai fatto prima di giungere alla stesura di Believe?

Grazie a voi per avermi invitata. Io sono una giornalista: subito dopo il diploma, mentre frequentavo l’Università di Milano, ho cominciato a collaborare con il quotidiano La Provincia Pavese e da allora non l’ho più lasciato. Mi sono occupata a lungo di cultura, e adesso scrivo di cronaca locale. Believe è il mio primo libro.

Parliamone, quindi. Believe è, in estrema sintesi, la biografia del noto bluesman Fabrizio Poggi: come l’hai conosciuto e, soprattutto, cosa ti ha portato a pensare di scrivere un libro a lui dedicato?

Ho conosciuto Fabrizio per via del mio lavoro. Come dicevo, per anni ho scritto sulle pagine culturali, ed essendo sia io che Fabrizio di Voghera, mi è capitato spesso di intervistarlo. Ogni volta che usciva un nuovo disco, che faceva un nuovo tour, e ovviamente per la nomination ai Grammy, noi ci sentivamo. E il giorno dopo mi arrivava un immancabile messaggio di ringraziamento. “Faccio tante interviste – mi ha detto più di una volta – ma tu riesci sempre ad andare oltre a ciò che ho detto, a interpretare il mio pensiero, a dire ciò che io avrei voluto esprimere ma che non sono riuscito a comunicare. Quando vorrò scrivere la mia biografia, – ha aggiunto ridendo – guarda che verrò a cercarti”. E qualche anno dopo lo ha fatto davvero. fabriziopoggieserenasimulabelieve1

Cosa ti ha colpito di più della storia di Fabrizio?

Sicuramente ciò che dà il titolo al libro, ovvero la sua capacità di credere incrollabilmente nel proprio sogno, quello di partire dalla Pianura Padana per arrivare a suonare il blues con i grandi d’America. Ma più che la sua scalata, più che i passi fatti per il raggiungimento della vetta, ad avermi colpito sono state le tante cadute, i confronti con i propri limiti, il baratro della depressione. Di una storia illuminata dalle luci del palcoscenico, a me hanno affascinato soprattutto le ombre.

Come descriveresti il tuo personale rapporto con la musica e in particolare con il blues?

Io sono una grande consumatrice di musica, ma sono un po’ schizofrenica dal punto di vista dei gusti. Vado a periodi, a momenti, a giornate. Il blues non rientrava in nessuna delle mie playlist prima di incontrare Fabrizio. Lui, senza mai essere tecnico, senza mai essere pedante, durante le nostre chiacchierate mi ha fatto conoscere le origini di questa musica, la sofferenza che porta con sé, il suo linguaggio segreto. È stato un viaggio affascinante, che mi ha fatto appassionare alla cultura afroamericana attraverso il filtro della sua esperienza.

fabriziopoggieserenasimulabelieve2Di tutte le ore di intervista trascorse con Fabrizio, c’è qualcosa che è rimasto dentro di te più indelebile di tutto il resto?

Ti direi l’atmosfera. Per scrivere questo libro ci siamo incontrati per un anno nel confortevole salotto di casa sua, circondati dai premi e dai riconoscimenti collezionati in una vita di musica. In una situazione così raccolta, con il tè accanto, siamo riusciti a conversare per ore senza il minimo imbarazzo, addentrandoci volta dopo volta in argomenti anche molto delicati. Fabrizio è stato da subito disponibile ad aprirsi, ma nonostante ciò ho comunque dovuto fare un lento lavoro di scavo, mettendolo a suo agio e rassicurandolo (con i fatti, più che con le parole) che non avrei mai giudicato. È così che siamo riusciti a svelare l’uomo dietro il musicista. Noi diciamo sempre che in un anno di chiacchiere ci siamo fatti terapia a vicenda. E lo abbiamo fatto davvero. Ma, soprattutto, siamo diventati amici.

Si può dire, comunque, che Believe è un libro a metà tra intervista e biografia, un luogo dove la dimensione del dialogo, dei tempi e dei luoghi diviene estremamente importante. Hai dovuto fare una scelta su quali esperienze della vita di Fabrizio fossero maggiormente da imprimere su carta?

In parte l’ha fatta lui, ma l’ha fatta inconsciamente, decidendo sul momento quali episodi raccontare per rispondere alle mie domande. In parte l’ho fatta io, escludendo alcuni aneddoti perché poco funzionali alla narrazione. E in parte l’abbiamo fatto insieme: soprattutto per parlare degli ultimi anni, quelli che hanno portato lui e Guy Davis a sfidare i Rolling Stones ai Grammy Awards del 2018, ci siamo fatti una scaletta essenziale e abbiamo fatto del nostro meglio (siamo bravissimi a divagare) per seguirla e arrivare alla fine senza saltare dei passaggi importanti.

Come un po’ accennavi prima, nel libro affrontate anche temi delicati, come la depressione. Qual è il messaggio principale che sia Fabrizio che tu, in quanto autrice, vorreste far maggiormente trasparire parlando di questo argomento?

Intanto che è una malattia. Non uno stato d’animo, non una fase, non qualcosa di passeggero che “passerà, vedrai”. Come qualunque altra patologia va compresa e curata. Forse non si guarisce mai del tutto, ma sicuramente si possono superare le sue fasi acute, la si può gestire, la si può superare.

Durante la lettura di Believe è evidente la sintonia che si è creata non solo con Fabrizio ma anche con la moglie Angelina, che interviene nella scena con straordinaria energia. Vuoi parlarci di questo rapporto di squadra?

Angelina è la colonna su cui Fabrizio ha sempre potuto appoggiarsi, e senza il suo magico intervento molte delle cose raccontate in Believe non sarebbero mai accadute. Perché, semplicemente, dove non arriva lui, arriva lei. Pur essendo una donna vulcanica, Angelina non è mai stata invadente: veniva chiamata in causa quando la memoria di Fabrizio vacillava, quando c’era da controllare una data, quando servivano dettagli per descrivere meglio una scena. Sempre presente, ma in maniera discreta, ha fatto il possibile per mettermi a mio agio in casa loro.

Quello che rende Believe una lettura affascinante e coinvolgente è il fatto che si tratta fondamentalmente di una storia di sogni che si inseguono e si realizzano. Come già detto, Fabrizio è partito dalla provincia pavese ed è arrivato ai Grammy. Tutto questo non accade tutti i giorni e soprattutto non accade per caso. Cosa pensi che permanga di questo approccio nella vita?

Direi la capacità di buttarsi nonostante i pronostici negativi. La leggerezza che ti consente di dire “Ma sì, proviamo” e di non rimanerci troppo male di fronte a una eventuale delusione. fabriziopoggiarmonica

In pratica insistere, avere determinazione e credere nei propri sogni. Cosa non facile oggi, per le nuove generazioni che si trovano sempre più allo sbando. Ecco, se dovessi convincere un giovane che non conosce il blues, ad ascoltare e scoprire Fabrizio e la sua musica, magari per far tesoro anche degli insegnamenti della sua vita e della sua personalità, da cosa partiresti?

Probabilmente dal pezzo che io preferisco della sua discografia, che è I’m on the road again. Un pezzo che racconta dei lunghi viaggi sulle strade americane, della polvere, delle speranze di chi vuol fare il musicista, ma che può essere metafora di ogni percorso tortuoso, di ogni sogno rincorso faticosamente.

E con questo tuo consiglio finale ti ringraziamo per la tua disponibilità e salutiamo i nostri lettori consigliandogli vivamente la lettura di questo libro, che, come avrete capito, è ben più di una semplice biografia di un grande artista: è una testimonianza su quanto sia importante credere nel proprio talento per arrivare dove altri non arrivano.

Qui la scheda del libro: https://www.arcanaedizioni.com/prodotto/believe-conversazioni-con-fabrizio-poggi/

GRETA COCCONCELLI

Check Also

romolinigiorginisottolanevepanecopertina

“Sotto la neve pane”: il viaggio di una madre e una figlia tra memoria e radici

Sotto la neve pane (Albatros Edizioni) di Gabriella Romolini e Maria Giorgini è un’opera che avvolge …