1.Chi siete, da dove venite e che musica proponete.
Siamo L’Introverso, veniamo dalla Barona, un quartiere della periferia sud di Milano. Suoniamo un indie pop-rock con influenze dei gruppi britannici anni ’90, ma con sonorità moderne.
2.Il panorama musicale italiano aveva bisogno di voi?
Non sappiamo se il panorama musicale italiano ha bisogno di noi, quello che sappiamo è che scriviamo canzoni. Di quelle che, se ti piacciono, ai concerti puoi cantarle a squarciagola. Quelle con pochi fronzoli, perché ci piace andare dritti al punto.
3.Se voi foste una meta da raggiungere con il “navigatore musicale”, quali coordinate di artisti del passato o del presente dovremmo impostare, come strada da percorrere per arrivare al vostro sound?
Il navigatore andrebbe impostato su due nazioni: Inghilterra e Italia. Si partirebbe dai Beatles, ci si fermerebbe un paio di decenni dopo a un concerto degli Smiths, per poi andare direttamente negli anni ’90, dove sono esplosi tutti i loro discepoli: Stone Roses, Oasis, The Verve e la scena brit di quel tempo, in cui, tra una partita al Game Boy e una di Roberto Baggio, i gruppi che ne facevano parte tiravano fuori canzoni dirette, con un’attitudine “decisa”. Dentro di noi c’è anche tanta Italia, luogo in cui i nostri cantautori storici hanno trasmesso a tutti l’importanza dei testi. Infine, per la nostra formazione sono stati importanti anche gli Afterhours, una delle più grandi band italiane di sempre.
4.Il brano del vostro repertorio che preferite e perché questa scelta.
Non riusciamo a dire quale sia il nostro brano preferito, ma uno dei più importanti è Manie di grandezza: un pezzo che parla di chi sembrava destinato a non combinare niente di buono nella vita, se non diventare un tossico o uno spacciatore, e che invece è rimasto in piedi, essendo già questa una rivincita nei confronti di chi non ci avrebbe scommesso neanche un centesimo.
5.Il disco che vi ha cambiato la vita.
(What’s the Story) Morning Glory? degli Oasis.
6.Il vostro live più bello e quello invece peggio organizzato.
L’organizzazione è importante, ma i concerti, se sono belli o brutti, dipende soprattutto da noi. Se siamo in forma, il pubblico reagisce di conseguenza. Se non lo siamo, anche. Ma i concerti sottotono fanno parte del gioco: come i calciatori, che qualche volta possono giocare male una partita, anche i musicisti a volte possono sbagliare un concerto. L’importante è sapere quello che si fa.
7.Il locale di musica dal vivo secondo voi ancora troppo sottovalutato e, al contrario, quello eccessivamente valutato tra quelli dove avete suonato o ascoltato concerti di altri.
I locali in cui suoniamo noi sono tutti sottovalutati!
8.Le tre migliori band emergenti della vostra regione.
Ce ne sono tante, ma citiamo La Colpa perché oltre a essere bravi sono anche nostri amici.
9.Come seguirvi, contattarvi, scambiare pareri con voi.
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Instagram: @lintroverso
10.La decima domanda, che mancava: “Fatevi una domanda e datevi una risposta”.
D: Perché fate i musicisti nonostante sia così difficile vivere della propria musica?
R: Perché sì.
DORIANA TOZZI