Re del twist ending per eccellenza, soprattutto per quanto attiene la prima parte della sua carriera, su cui svetta Il Sesto Senso con la sua agnizione finale di un certo peso, M. Night Shyamalan proprio per questa peculiarità è stato d’esempio (il più delle volte negativo) per molti altri registi che hanno tentato di emulare questa particolare “firma”. Negli ultimi anni, del resto, nemmeno Shyamalan stesso ha brillato particolarmente, inanellando una serie di film trascurabili, quando non irritanti e a tratti scadenti.
Una serie di produzioni che non hanno convinto e che si faranno ricordare solo come opere testimonianti il “decadimento” di quello che sembrava essere un autore con una sua poetica molto particolare e, cosa importantissima, con una grande capacità di gestire la messa in scena e con una potenza suggestiva non indifferente.
Dati, quindi, i vari flop che negli anni si sono susseguiti, è sempre facile avere un po’ di puzza sotto il naso quando ci si accosta ad ogni nuova uscita dell’autore in questione. Magicamente, però, nel 2015 il Nostro ha sfornato The Visit, in cui è tornato a gestire le atmosfere come ai suoi tempi migliori, mescolando anche il tutto con una graditissima ironia che accompagna i protagonisti più giovani del racconto, veri e propri eroi alle prese con un male imperscrutabile e decisamente irriconoscibile.
Loro sono Rebecca, quindici anni, e suo fratello Tyler, tredici anni. Due ragazzini che per la prima volta vanno a trovare i loro nonni materni, mai conosciuti a causa di una pesante lite che gli anziani anni prima avevano avuto con la figlia, Loretta, madre dei ragazzi. Nonostante non abbia più visto né sentito i suoi genitori, seppur a malincuore, Loretta decide di far andare i suoi figli da loro e di partire per una crociera col suo nuovo compagno.
Una volta raggiunti gli apparentemente affabili e affettuosi nonni, giorno dopo giorno, i ragazzi saranno testimoni di comportamenti ed avvenimenti che vanno dal grottesco allo sconcertante, trovandosi di fronte a situazioni difficilmente gestibili per la loro età, ma straordinariamente vissute dai due fratelli, in grado di sopportare il peso di quelle che inizialmente sembrano defaillance dovute all’età dei nonni, per poi palesarsi nel loro più totale orrore.
Il bello di The Visit, però, nonostante giochi magistralmente con il perturbante di queste due figure inquietanti e a tratti decisamente paurose, sta nel raccontare le interiorità dei giovani fratelli, alle prese con la difficoltà della crescita e con l’accettazione dell’abbandono (il padre li ha lasciati anni prima senza troppe spiegazioni e questo evento ha causato in loro molti problemi), con un piglio che in maniera quasi miracolosa risulta al tempo stesso molto intenso, ma in certi momenti addirittura piacevolmente spassoso.
Insomma, la forza del film, che ha dei momenti in cui il terrore si impossessa non solo dei ragazzi ma anche dello spettatore (e il compito principale che un film horror deve portare a termine è proprio quello di spaventare realmente chi lo guarda), sta proprio nella perfetta caratterizzazione dei protagonisti e nel veicolare, tramite la terribile esperienza di incontro con i nonni ma in realtà con l’orrore, un percorso di crescita e soprattutto di profonda maturazione.
E quando alla fine arriva il tanto famoso finale shyamaliano, finalmente dopo tanto tempo torniamo a stupirci e rimaniamo davvero a bocca aperta, come forse non succedeva davvero dai tempi de Il Sesto Senso.
The Visit, quindi, pur essendo un film senza grandi ambizioni, risulta un piccolo gioiellino col quale è possibile “fare pace” con M. Night Shyamalan, scorgendo finalmente l’autore di un tempo e riconciliandosi con il suo stile perturbante e coinvolgente, perciò per noi un film visto ma sempre da rivedere oppure, per chi non l’ha ancora visto, un film da scoprire per la prima volta e poi rivedere ancora.
Qui il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=gMhMcWf8MVo
ALESSANDRA CAVISI